Si inizia ad ottobre e si finisce a maggio. Nove lunghi mesi, annanz’ e aret’, da casa a scuola per accompagnare la bella di papà a scol’ ‘e danz’. E se la gestazione è stata impegnativa, fisicamente, mentalmente ed economicamente, il parto lo sarà ancor di più. Tutti ma proprio tutti, nonna, zie e cugine si prenotano per assistere al debutto della piccola étoile. Il clamore, le attenzioni, i baci, i calorosi abbracci e ‘e mazz’ ‘e ciur’ sono irrinunciabili per la piccola principessa, ma soprattutto per mamma’. Lei che ha atteso ore a bordo pista, confabulando e spettegolando delle assenti ed in presenza delle assenti, della maestra, e con la maestra, in assenza delle momentanee assenti. Un walzer di pungenti chiacchiere che hanno sempre avuto un solo ed esclusivo scopo: guadagnare la prima fila! Che importa poi se arabesque, pliè e piroetta non sono perfette ‘a figlia mij adda sta annanz’ a tutt’.
Una meticolosa fase preparatoria ha preceduto la sera della prima. Il confezionamento dell’abito, per il quale è la maestra che decide e non perché sia giusto, ma perché, come dice la zia, s’anna fa semp’ ‘e sord’ acopp’. Una decisione indiscutibile che prescinde dalle volontà individuali e che blocca, come ferrose ganasce, le sfarzose ambizioni di mamma che, giocoforza, deve rispettare lo schema del mister e sedere in panchina assieme alla sua fantasia.
Manc’ l’acconciatur’ ‘e ‘o trucc’ putimm’ decider’. Un’esclamazione piena di risentimento e frustrazione che deve essere soffocata perché le energie vanno concentrate nei preparativi per la grande prima. Non si mangia, non si beve e non si cucina mammà non ce la fa e poi, non sia mai, a’ puzz’ ‘e magnà infetentesce tutt’ ‘e vestit’. Il calore del dopo pranzo mancato accoglie la coiffeur che deve addobbare la capigliatura di mamma e rendere indelebile il make up da gran sera. Tre o quattro ore e sarà pronta, ragion per cui meglio occuparsi della debuttante che, in fin dei conti, s’adda fa sul’ nu scignon’ e s’adda metter’ nu poco’ e fard, perché, ricorda la genitrice, accussì ric’ ‘a maestr’.
Il tempo è volato come le piume di un candido cigno e la famiglia, impettita e fiera, imbocca la strada del teatro, nel bel mezzo del caos domenicale. Un’altra ragione per sottolineare che anche di questo ha colpa la maestra, perché noleggiare il teatro di domenica sera, costa di più, accussì s’ fa natu poc’ ‘e ricott’.
L’autista della limousine, stile formato famiglia, scarica la merce, mamma e figlia, sul retro del teatro affinché possano percorrere assieme alla ciurma ballerina il dietro le quinte. Una raccomandazione all’inesperto Ambrogio è pero d’obbligo m’araccumann’ pigl’ ‘e post’ annanz’ a tutt’ sinò nun verimm’ nient’.
L’impresa è ardua, ma il consorte deve riuscirci, in caso contrario la sanzione sarà durissima. Nella platea ancora spoglia le smorfie sofferenti di mariti e fidanzati si incrociano le une con le altre. Ma non c’è spazio per la solidarietà tra soldati che si preparano alla battaglia. Foulard, borse, cappelli e giacche prendono posto, a nome e per conto del proprietario, legittimando cosi l’occupazione del suolo non più disponibile. Intanto nel dietro quinte un’altra sanguinosa fase della guerra danzante prende vita. Gli sguardi tra acerrime nemiche, si incrociano, e l’ansiosa emozione raggiunge picchi indecifrabili. Chi sarà la prima della fila?
Il responso è lì, stampato con inchiostro indelebile sulla candida pergamena che a’ maestr’ cinge tra le sue mani. La custode del prezioso segreto, nel suo abito da gran sera che avvolge come una guaina l’atletica sagoma, guadagna il centro del cerchio di fuoco. Nel silenzio dell’arena, mentre le leonesse attendono fameliche la preda, ovvero il verdetto, giunge, al fianco della giostraia, una piccola sconosciuta. Elegante si solleva sulle artificiose punte volgendo uno sguardo di complicità alla conduttrice. Eleonora, anni 11, che ha imparato prima a danzare e poi a camminare, bionda come un puttino di Michelangelo, dagli occhi color cielo, sarà, la donna della prima fila.
Sconforto, delusione, amarezza. Le leonesse a testa bassa lasciano l’arena pronte ad ammirare, ognuna per proprio conto, le ombre delle amate figliole muoversi nelle oscure retrovie del grande palco. Il dato è tratto ed il verdetto indiscutibile. Ma una velina dell’ultima ora rincuora il branco ferito. Un alito di vento consegna la notizia; e capit? Chell’ ca sta annanz’ a tutt’ è ‘a nipot’ ra maestr’!