ho 47 anni, sono amputato transtibiale alla gamba destra.
Un freddo febbraio del 1989, neo sposo, decido di andare in cantiere per fare un po’ di straordinari. Ad attendermi c’era la sorte, un grave infortunio sul lavoro mi ha messo duramente alla prova. Durante un’operazione il cingolo di un escavatore mi ha schiacciato il piede destro.
Una folle corsa in ospedale, delle prime cure troppo approssimative, un trasferimento poi in un centro specializzato in Francia. Tutto inutile, io da quella giornata di lavoro straordinario sono tornato a casa con una gamba amputata. A ridosso degli anni ’90 l’assistenza psicologica non era di certo all’avanguardia e le uniche cose che mi hanno strappato alla depressione sono stati la mia famiglia, con l’arrivo del primogenito pochi mesi dopo l’incidente, e lo sport.
Ho sempre abitato in montagna, ci ho lavorato, ci passavo ore felici e serene. Dopo l’incidente questo non è stato più possibile, ad eccezion fatta per lo sci. Ho iniziato a praticarlo prima con degli specifici ausili sulle stampelle e senza la protesi, era un vera impresa.
Poi la ricerca ha permesso l’utilizzo di materiali più performanti per le protesi ed ho potuto così lasciare le stampelle e sciare direttamente con la protesi. Un successo sia per la minor stanchezza che per la propria dignità. Ora voglio tornare a camminare in montagna, a praticarci dello sport. Da oltre un anno mi interesso al trekking ed il trail (corsa sui sentieri di montagna).
Ho deciso di creare un progetto sportivo che portasse l’opinione pubblica a cambiare nei confronti della disabilità, che portasse a capire che in buona parte dei casi l’aggravante della disabilità è il pregiudizio di chi ci circonda. Ho coinvolto le istituzioni in questo progetto e ho preso contatto con l’organizzazione di un endurance trail a cui volevo partecipare. Purtroppo per me quella gara è finita, è finita prima di iniziare.
E’ finita perché l’istituzione non ha tutelato il disabile a causa di un vuoto normativo, è finita perché l’organizzazione della gara non può lasciarmi correre per mancanza di una normativa che regoli l’accesso al disabile a questo genere di specialità e che tuteli sia l’organizzazione che l’atleta disabile.
Con questa petizione voglio chiedere al Ministro del Lavoro e delle Politiche Sociali, all’Ufficio per lo Sport della Presidenza del Consiglio dei Ministri, al Comitato Paraolimpico Italiano, alla Federazione Italiana Sport Paraolimpici e Sperimentali e alla UISP, di intervenire e regolamentare l’accesso di tale specialità alle persone disabili, accompagnate e non.