Il territorio di Miseno entrò a far parte della storia dei Campi Flegrei, poco dopo la fondazione di Cuma da parte di coloni greci.
Durante il VI sec. a.C., infatti, l’area misenate costituì uno dei punti fondamentali del sistema difensivo attuato dai Cumani per la difesa del Golfo di Napoli: tale fortificazione rimase in uso almeno fino al III sec.a.C., quando Annibale si spinse fin qui per le sue devastazioni.
Nuovo impulso all’urbanizzazione del territorio flegreo, si ebbe a partire dalla fine del II sec. a.C. quando vennero impiantate numerose e lussuose ville ed impianti ad esse connessi.
La cittadina sorta sull’attuale Marmorto fu denominata Misenum, toponimo derivato dall’omonimo trombettiere di Enea, annegato in quelle acque.
Misenum inizialmente fu sede di ville marittime; a partire dall’inizio del I sec. d.C. ritornò alla sua primitiva vocazione militare. Augusto, dopo la battaglia di Anzio (31 a.C.), pose qui la base della Classis Praetoria, la flotta al diretto servizio della corte imperiale, spesso presente nei Campi Flegrei.
Una perla dell’architettura romana, che affrancata dalla sua funzione originaria, assume le vesti di custode sacro di un passato lontano è la Grotta della Dragonara, dove venne ucciso l’imperatore Tiberio.
Non è un luogo di culto come potrebbe apparire al primo sguardo, ma una grande cisterna per la raccolta dell’acqua sorgiva.
Completamente scavata nel tufo, fu realizzata in età augustea.
Questa struttura idraulica era forse anch’essa al servizio della flotta o dell’adiacente Villa di Lucullo, che una fonte antica ricorda posta sul colle a guardare “da un lato il mare di Sicilia e dall’altro il Tirreno”. In seguito sarebbe stata inglobata nella villa, come testimoniano i resti di peschiere e ninfei, perché la Piscina Mirabilis, l’altra grande cisterna collocata non lontano, era già sufficiente a soddisfare il fabbisogno dei marinai.
La suggestiva e vasta cavità deve il suo nome al termine Tracon, roccioso, ma era nota in età medievale come il Bagno del Finocchio, per le abbondanti coltivazioni di quest’ortaggio. La presenza di una fonte d’acqua dolce fa pensare che questa alimentasse in parte il grande invaso.
La cisterna è divisa in cinque navate da dodici imponenti pilastri che ne sostenevano la volta a botte. Originariamente l’ingresso era possibile dall’alto attraverso tre aperture; le grandi vasche impermeabilizzate ricoperte di cocciopesto, che permettevano la decantazione delle acque piovane prima che entrassero nella cisterna, sono state in seguito utilizzate come sepolture.
Grazie a scavi recenti è stata messa in luce un’altra vasca, rivestita di cocciopesto idraulico, accessibile tramite gradini e caratterizzata da un piano inclinato verso un’apertura comunicante con una sottostante cisterna.