Amato, temuto e rispettato, il Vesuvio, simbolo della città napoletana, ha perso il suo primato di pericolosità, soppiantato e sostituito dal meno conosciuto Complesso dei Campi Flegrei.
Di certo la notizia non allieta i partenopei che, da qualche tempo, hanno scoperto di trovarsi proprio al centro di due vulcani super pericolosi, indipendentemente, da chi lo sia più dell’altro.
Campi Flegrei è un vulcano nascosto e non ha la forma classica almeno nella parte emersa: esso è costituito da tante bocche che vanno a formare una grande caldera che comprende gran parte del sottosuolo della parte ad ovest di Napoli, ma anche di Posillipo e del Monte Procida.
Le manifestazioni più evidenti del vulcano, consistono del bradisismo: si tratta di scosse generate dalla risalita del magma il quale fa riscaldare l’acqua, il cui vapore poi fa gonfiare le rocce generando quindi rigonfiamenti del suolo, avvertiti in superficie come veri e propri terremoti.
Un’ispezione condotta con una perforazione a 500 metri di profondità del vulcano, ne ha rivelato le principali e pericolose caratteristiche: il vulcano è capace di eruzioni molto violente, anche maggiori di quelle del Vesuvio.
Risulta essere, da questo punto di vista, il vulcano più pericoloso d’Europa; un primato che non fa certo bene al morale di chi vi abita sopra, per fortuna però pare che le sue eruzioni sono sì pericolose, ma piuttosto rare.
Nel mondo esistono circa dieci vulcani di questo tipo, come per esempio Yellowstone e Long Valley Caldera negli Stati Uniti.
Per studiarlo dall’interno, nel 2012 e’ stata avviata una perforazione nell’ambito del progetto Campi Flegrei Deep Drilling Project, guidato dall’Ingv e finanziato dal Consorzio internazionale per le perforazioni profonde continentali. Il progetto prevede un primo pozzo pilota di 500 metri già realizzato e un secondo di 3,5 chilometri ancora da realizzare.
Nel pozzo pilota e’ stato installato un osservatorio in profondità con sensori che controllano ogni respiro del vulcano: dalla temperatura alla sismicità. “In questo modo – ha sottolineato De Natale, direttore dell’Osservatorio Vesuviano dell’Istituto Nazionale di Geofisica e Vulcanologia– teniamo costantemente sotto controllo il vulcano con l’obiettivo di studiarlo e di mitigare il rischio”.
I segnali di allarme che possono aiutare a prevedere una eventuale eruzione, ha rilevato il vulcanologo Mauro Antonio Di Vito, sono temperatura, pressione del sottosuolo e sismicità. Il pozzo è anche una sorta di macchina del tempo che ha permesso ricostruire la storia di questo vulcano rivelando molte sorprese, fra le quali, una eruzione avvenuta 45.000 anni e finora sconosciuta.