Samantha Cristoforetti, la donna che, a bordo della navicella Soyuz TmA-15M, ci ha fatto sognare, insegnandoci come un astronauta si fa la doccia, come come si lava i capelli, come pratica attività fisica, cosa mangia ecc., ha rimesso piede sulla Terra, atterrando in Kazakistan alle ore 15.45 circa di ieri, dopo sole tre ore e mezzo di viaggio.
Sembrava che ci fossero più passatempi nella Stazione Spaziale Internazionale che tra le nostre quattro mura domestiche, che spesso ci stanno “strette”.
Ovviamente, oltre al relativo svago del “tempo libero”, c’è stato un grande lavoro in questi sette mesi di “Futura” (questo il nome della missione). Quasi duecento giorni (era partita il 23 novembre 2014) “rinchiusa” in uno spazio limitato, ad effettuare dieci esperimenti soprattutto nell’ambito della medicina, della fisiologia e della fisica, a sostenere interviste giocando con un microfono che le volteggiava tra le mani, ad aggiornare il suo profilo social ormai diventato più un “diario di bordo”.
Tra le varie attività eseguite dal Capitano dell’Aeronautica militare in questi sette mesi, la manovra del braccio robotico utilizzato per afferrare le due navette Dragon dell’azienda privata Space X e l’esperimento con la stampante 3D.
Il presidente della Repubblica Sergio Mattarella l’ha accolta così: “Ben tornata a casa AstroSamantha!L’aspetto al Quirinale per manifestarle, da parte di tutta la comunità nazionale, sentimenti di profonda stima e gratitudine”. Il presidente del Consiglio, in aggiunta, le ha twittato: “Bentornata @astrosamantha. Siamo molto orgogliosi di lei, capitano. L’aspettiamo presto in Italia”.
Prima di arrivare in Italia, però, dovrà affrontare i controlli medici di routine e aspettare qualche giorno per il recupero fisico dall’assenza di gravità, negli Stati Uniti, nella sede della Nasa di Houston. Poi girerà il mondo per raccontare la sua inusuale esperienza.
Donna da record, ha superato i 195 giorni nello spazio dell’americana Sunita Williams.
Con lei sulla navicella c’erano anche il comandante russo Anton Shkaplerov e l’ingegnere di bordo americano Terry Virts.