Il Vesuvio Lacryma Christi è un vino campano conosciuto e molto apprezzato sia a livello nazionale che internazionale.
Il vitigno viene coltivato alle pendici del Vesuvio, che da sempre rappresenta l’elemento centrale di tutto il territorio campano.
Storicamente il vulcano si è configurato come il fulcro, non solo geografico, delle attività e delle produzioni, delle arti e della civiltà di tutti i popoli che qui si sono avvicendati.
Lungo le sue pendici si sono addensati e succeduti gli agglomerati urbani, sebbene spesso sotto le sue coltri ardenti siano scomparse intere comunità.
Eppure l’uomo, nel corso dei secoli della sua storia, in ogni circostanza, all’indomani di ogni singola catastrofe, con ostinazione è tornato a lavorare in quei luoghi minacciosi, a coltivare quegli erti e scuri pendii.
E’ tornato qui, sul Vesuvio, anche per parlare con l’anima oscura del Gigante, per rabbonirlo e carpirne benevoli auspici.
E’ questa l’essenza del mistero di questi luoghi: alla base c’è il patto che l’uomo ha stretto col vulcano, un patto che gli ha consentito di costruire proprio qui d’attorno la sua casa, di posare su queste contrade i suoi attrezzi, di seminare la terra e raccoglierne in premio dei frutti davvero speciali.
Qui l’uva cresce forte e vigorosa: i vitigni, la maggior parte dei quali è a piede franco, discendono direttamente dagli antenati degli Aminei di Tessaglia. Sono coltivati nella fascia pedemontana fino ai 400 metri di altezza e traggono carattere minerale, spessore e potenza dal terreno vulcanico.
La zona di produzione del Vesuvio Lacryma Christi (questo è il suo nome ufficiale secondo la Denominazione di Origine Controllata istituita nel 1983) comprende solo le aree a vocazione viticola di 15 comuni, in provincia di Napoli, localizzati sulle pendici del Vesuvio.
La storia del Vesuvio Lacryma Christi è un intreccio tra mito e realtà, leggenda e credenze popolari, contribuendo a creare un’aura di seducente mistero attorno a questo celebre vino.
Una di queste leggende, ripresa suggestivamente dal grande poeta francese Alfred de Musset, vuole che Lucifero, cacciato dal Paradiso, ne strappò un pezzo per rubarlo e farne in terra il Golfo di Napoli. Dove egli sprofondò nacque poi il Vesuvio.
Gesù Cristo, accortosi del furto, pianse a dirotto per il dispiacere e dalle sue lacrime cadute proprio sul Vesuvio nacque una pianta di vite e dall’acino di quell’uva nacque il vino più rinomato del Vesuvio: la Lacryma Christi.
Secondo un’altra e meno romantica versione, Gesù, comparso sotto mentite spoglie ad un eremita che viveva proprio sulle pendici del Vesuvio, fintamente assetato gli chiese da bere e, per ricompensare la pronta generosità di quello, trasformò la sua acqua in nettare di vino.
Certo queste leggende si perdono nella notte dei tempi, ma quel che è sicuro è che il segreto di questo vino prezioso, come in tanti casi analoghi del passato, fu custodito a lungo dai monaci, in particolare dai Cappuccini che si erano insediati nella “Turris Octava“, l’ex colonia romana distante, appunto, otto miglia da Napoli.
Proprio da allora e grazie all’opera dei frati contadini, la città assunse il nome di Torre del Greco, la città del “vino greco” che qui vi abbondava.
La fama di questo vino è legata probabilmente alle leggende ma anche agli equivoci che spesso sono sorti sulla sua origine e identificazione.
Spesso si è creduto si trattasse di un vino dolce prodotto da acini da cui stillassero lacrime di zucchero, notizia suggestiva quanto fasulla.
Anche il nome, Lacryma Christi, non aiuta a legare questo vino al proprio territorio d’origine; in realtà sarebbe sufficiente ricordare che il nome previsto della DOC è Vesuvio per collegarlo facilmente alla sua dimora d’origine.
Per il Vesuvio Lacryma Christi Doc sono previste le tipologie rosso, bianco e rosato.