“Molto spesso accade che le persone non entrano nel parco, ma si soffermano a guardare il dipinto dalla strada.”
Questo accadeva mentre Jorit era intento ad imprimere colore e forma a quel volto da “zingarella”, questo accade, ora e sempre, da quando l’opera è compiuta e troneggia su via Merola, a ridosso della villa comunale di Ponticelli, autentico “tempio di pellegrinaggio” da parte dei cultori del fitness, in vista della prova costume.
Quel dipinto è lì, capace di catturare l’attenzione e rapire gli sguardi. Eppur non basta quel fascinoso richiamo per indurre quelle gambe programmate per macinare chilometri a compiere pochi e cruciali passi: quelli necessari per valicare il cancello e rannicchiarsi ai piedi di quella sontuosa espressione di semplicistica, ma essenziale ed avvolgente forma d’arte.
“Ael. Tutt’ egual’ song’ e criature”: questo il titolo dell’opera di street art realizzata da Jorit Agoch a Ponticelli, quartiere cruciale di quella Napoli Est, da più parti e a più riprese apostrofata come “la nuova Scampia.”
Un’opera che si ripropone di abbattere le barriere razziali e che professa l’uguaglianza tra popoli, tra esseri umani, a partire dalle forme primordiali: “’e criature.” Un’opera che vorrebbe veder cadere in frantumi le barriere ideologiche erte dai solidi e qualunquistici stereotipi, eppure, la maggior parte degli occhi che si fermano a contemplarla si rivelano incapaci, ancor prima, di liberarsi degli indugi misti a timore e valicare quel cancello, per addentrarsi nel parco Merola.
Questo è quanto riportano “’e criature” che vivono in quel parco.
Raccontano di ostilità miste a perplessità da parte dei residenti del parco, al cospetto dei primi colpi di bomboletta spray scalfiti da Jorit su quel perentorio muro. Poi, superati gli indugi, hanno iniziato a prendersi cura di quel ragazzo tutto impiastricciato di vernice che trascorreva interminabili ore sospeso su una gru per procreare quell’opera.
Quei bambini, le loro madri, non hanno mai fatto mancare un amorevole caffè, piuttosto che un rigenerante succo di frutta e una bottiglia d’acqua fresca a quel ragazzo dal nome strano ed inusuale, così come sempre più numerose erano le domande che avevamo voglia di rivolgergli, a testimonianza di una curiosità crescente e sensibilmente stimolata dal sopraggiungere del compimento dell’opera.
Jorit. Un ragazzo, un uomo, un artista che ha lasciato molto di più di un “semplice” dipinto nel cuore di quei bambini:
Innanzitutto sei un grande, come artista e come persona. Noi siamo 5 ragazzi del Parco Merola, dove hai fatto quel dipinto straordinario ed è ancora come lo hai lasciato. Ci è servito molto questo disegno per farci capire la scuola. Sei un grande e speriamo che la tua carriera continui, sei un artista pazzesco e ti auguriamo il meglio.
Antonio Concilio jr
Emanuele Bile Pio
Marco Caruso
Francesco Verdicchio “
Visto “con gli occhi di dentro”, dall’interno del parco Merola e raccontato dai bambini che lo hanno vissuto, fin dai primi barlumi di colore, l’opera di Jorit narra una storia diversa, assume tutt’altra accezione di senso e disegna un’autentica “emozione nell’emozione”.