Gli italiani sono rassegnati e, pur essendo disponibili a lavorare, non cercano più l’impiego. Un esercito di oltre 3,5 milioni di persone non cercano più occupazione perché scoraggiati.
Agli “sfiduciati” vanno aggiunti i circa 3,3 milioni di disoccupati; e, se la matematica non ci inganna, gli italiani senza un lavoro ma disponibili sono quasi 7 milioni, a fronte di una popolazione totale di 60,8 milioni di abitanti. Questa l’agghiacciante fotografia scattata dalle tabelle Istat sul primo trimestre 2015, che spazzano via l’ottimismo del governo, a partire dal premier Matteo Renzi.
Gli sfiduciati sono così aumentati di ben 300mila unità rispetto al primo trimestre 2014, anno nero della crisi economica. Un bollettino che ci proietta in cima alla classifica nera dell’Europa per tasso di attività. Nonostante qualche passo in avanti in questi ultimi 10 anni, il Belpaese si attesta al 63,9%, quasi dieci punti al di sotto della media Ue, ferma al 72,3%.
La prossima settimana il Consiglio dei ministri dovrebbe dare il via libera agli ultimi decreti attuativi del Jobs act, tra i quali la riforma degli ammortizzatori sociali con l’estensione della cassa integrazione anche alle imprese più piccole, e la stretta sulla durata dell’indennità. L’Italia ha ancora un tasso di disoccupazione superiore alla media Ue , ma soprattutto ha un tasso di attività (occupazione più disoccupazione) di quasi 10 punti inferiore alla media Ue. Infatti tra i 15 e i 64 anni nel 2014 solo il 63,9% delle persone era nel mercato del lavoro, il livello più basso in Europa (72,3% l’Ue a 28).
La responsabilità del divario con l’Ue è soprattutto del basso tasso di attività femminile (54,4%), di oltre 12 punti inferiore alla media Ue e di circa 25 punti rispetto alla Svezia (79,3%).
Un altro segnale di questa difficoltà è riscontrabile nella statistica Eurostat sulla percentuale dei giovani che lavorano entro tre anni dalla laurea: l’Italia è la peggiore dopo la Grecia con appena il 49,6% dei laureati tra i 20 e i 34 anni che lavora a meno di tre anni dalla laurea. Una percentuale di quasi 30 punti inferiore alla media Ue, in netto peggioramento rispetto al 2008. Le differenze con gli altri Paesi sono significative, a partire dalla Germania che registra un tasso di laureati occupati a tre anni dal titolo del 92,4%.
Le percentuali sono ancora più drammatiche se si guarda a chi ha un lavoro entro tre anni dal termine del periodo formativo avendo ottenuto solo il diploma: tra i 20 e i 34 anni – segnala l’Eurostat nelle sue tabelle – l’Italia si piazza all’ultimo posto con appena il 36,9% di occupati, facendo peggio della Grecia (38,4%).
Tra coloro quindi che hanno solo un diploma, la percentuale di coloro che hanno un lavoro a tre anni dalla maturità è crollata dal 2008 al 2014 di oltre 20 punti, passando dal 59% al 36,9%. Nello stesso periodo la media dell’Ue a 28 è passata dal 76,4% al 70,5% mentre in Germania dall’81,9% si è passati all’87,5%.
Il picco è nel Mezzogiorno con 2,280 milioni di ”sfiduciati”, in crescita di circa 200.000 unità sullo stesso periodo dell’anno precedente. A queste persone nel Sud si aggiungono 1,5 milioni di disoccupati.
Oltre tre milioni su sette di coloro che sono senza lavoro pur essendo disponibili a lavorare, sono persone con meno di 35 anni. Sono, infatti, in questa fascia di età (15-34 anni) 1.663.000 disoccupati e 1.347.000 tra coloro che si dicono disponibili a un impiego ma non hanno fatto azioni di ricerca attiva nelle settimane precedenti la rilevazione.