In questi ultimi giorni, in virtù della tragedia consumatasi nel casertano, nell’ambito della quale Antonio Franzese, un ragazzo di appena 24 anni, ha perso la vita, i “rave party” sono nuovamente finiti nell’occhio del ciclone.
Un genere di festa che si dimostra più che ben disposta a sfociare in risse e situazioni che implicano corse disperate in ospedale, piuttosto che il celere e provvidenziale intervento da parte degli operatori del 188, allorquando “lo sballo” si spinge ben oltre la linea di confine che il buon senso e sentimenti, quali l’amore e l’attaccamento alla vita, dovrebbero puntualmente imporre di non valicare, al cospetto di cocktail di droghe miscelati a fiumi di alcol. Lsd, anfetamine, droghe sintetiche e chimiche, capaci di “stupire con effetti speciali” galvanizzati ed enfatizzati da musica elettronica e carovane di corpi che volteggiano e saltellando, trovano ampio e diffuso consumo, difatti, tra gli avventori di questa tipologia di eventi.
Ma cos’è un rave party?
Il termine Rave deriva dal verbo inglese To Rave che letteralmente sta a significare: entusiasmare, farneticare.
In un clima di contestazione politica, pullulante di movimenti controculturali, come quello Hippy che ha notevolmente influenzato la storia dei Rave, negli anni ’80, nascono i primi incontri, nelle fabbriche abbandonate degli Stati Uniti, in Gran Bretagna ed infine anche nei restanti Paesi europei.
Esistono due principali tipologie di Rave: La Street Rave Parade e il Rave Party.
Il primo ha bisogno di autorizzazioni del comune per essere organizzato, mentre il secondo ha origine grazie al passaparola che avviene per lo più su internet o in alcuni casi con la distribuzione di volantini.
La musica nasce dai movimenti frenetici di un DJ che crea una sonorità atipica, lontana, diversa da quella che si può normalmente ascoltare.
Il sound riconsegna la vita anche se per una sola notte al luogo dismesso e abbandonato che i Ravers hanno occupato.
I pensieri sono coperti dai suoni assordanti che non permettono di parlare, che rendono questi incontri una sfida contro i limiti del proprio corpo e della propria mente.
In questi luoghi dove – come detto – diviene notevole l’uso di alcol e droghe, spesso viene messo a disposizione un servizio medico, bottigline d’acqua, insieme al materiale informativo sulle sostanze stupefacenti.
Per dieci, venti ore, a volte anche più, si lasciano trascinare da “12 mila watt di sound” quelli che spesso vengono definiti “Nomadi dello sballo”.
Chiara Cancelli