È tempo di crisi, di restrizioni e di rinunce. Al supermercato vigilanza massima a prezzi e quantità, al ristorante ed in pizzeria, si va poco e si spende meno. Per le strade ed al centro commerciale si fa il tour del “che bello” ma si acquista poco e di rado.
Fotografia di una crisi, reale o presunta? Poco importa, tanto il marito lo sa che con l’arrivo del compleanno della moglie “o regal’ ce l’adda fa”.
Il pensiero di una lite furiosa in caso di mancato acquisto lo atterrisce.
“Io t’ sopport’ a na vita san’, a te e ai fgli tuoje” dimenticando per un attimo che, a mettere al mondo la prole, è stata proprio lei. Ma sottolinearne l’esclusiva appartenenza, allude ad un apocalittico scenario: restare solo con Michelle e Diego!
Ma questo sarebbe solo l’inizio: “nun t’ chier’ maje nient’! Na vernat’ sana san’, chiuso’ int’ a cas’ e a’ staggion’? Quatt’ bagn’ ftient’ abbasc’ Patria!”
Per arrivare, lentamente, ma con vemenza a “e vulessem’ parla ‘e mammt’ e chelli mappin’ re sor’ toje”?
Una frase rituale che solo un’isterica, quanto arguta, mente femminile può partorire. Un insieme di parole che rappresentano la chiave per aprire quella cassaforte che ogni marito, vrenzolo o meno, vorrebbe seppellire.
Le domeniche dalla suocera, più per costrizione che per piacere, i matrimoni di parenti e affini, per riconsegnare la somma donata in occasione del precedente matrimonio, cresima o comunione. Il ritorno al passato si chiude, con l’immancabile formula di chiusura “Nu m’ fa parlà!”. Come se non avesse fatto altro fino a quel momento!
Il terrore ha traslocato nella mente del povero marito. Il folle Jack Torrence, corso di fretta e furia dall’ Overllook Hotel, sembra essersi impossessato del povero marito che, capelli dritti ed occhi sanguinanti, elabora la strategia d’azione. Come la laboriosa cicala, giorno dopo giorno, ripone con cura e devozione, le mollichine nel piccolo scrigno della salvezza.
Il count down al fatidico giorno è partito. Inizia la metamorfosi nella “Casa” e nei suoi abitanti. “Mamma sta tutta stizzata” e allora i bambini fanno i compiti senza lamentele, pranzano e cenano con obbedienza e, magia delle magie, “levano ‘e ‘mbruoglie a miezz’” senza alcun avviso del vigilante.
Loro,”’e creature”, soprattutto, sperano e pregano, che il genitore non abbia dimenticato e che, soprattutto, non abbia sbagliato regalo. Come potrebbe? Soprattutto a seguito di quella, inconsapevole e spontanea, sottolineatura pronunciata con pungente eloquenza “E vist’ ‘o marit’ ‘e soret’ che c’ha regalat’? Nu punto luce ca fa figur’ sul iss’”.
E allora lui ripensa a quel vortice frenetico in cui la moglie ha centrifugato il suo umore, e comprende che la missione non è rimandabile.
Lindo e pinto con addosso il suo smanicato azzurro Napoli il marito parte! Sull’uscio di casa la moglie che con gli occhi color miele, il cuore strabordante di gioia e le labbra, contornate dal fedele carboncino, lo saluta; “mmmmmh…. ma arò vaje?” Come se non sapesse.
Ed invece la consapevolezza è piena e gioiosa
Il soldato si butta nella mischia, attraversa con spavalderia il traffico del dopolavoro e va incontro al suo destino. Gomiti larghi, pancia in fuori, sguardo da duro approda nella galleria dei preziosi. Guardingo scruta prodotti e soprattutto, i prezzi, con una discrezione al limite della goffaggine. L’opera di perlustrazione, attenta e minuziosa, si conclude con l’avvicinarsi dell’impettita commessa. La missione è vitale ed il decoltè, seppur generoso dell’addetta, non può distrarlo, anche se la coda dell’occhio tenta il sorpasso! Giunto alla cassa depone, non con qualche dolore, il suo tesoretto. Come uno scacciamosche allontana via i ripensamenti e riprende il cammino del ritorno. Il soldato torna a casa senza ferite e con la missione in tasca.
C’è la torta con le candeline, lo spumante e le coppe di acciaio, incrociate a bordo del tavolo, in posa da gran festa. E lì dinnanzi alla sacra famiglia, suocera e sorelle comprese, depone il dono. Lo scrigno rettangolare si dischiude svelando il prezioso contenuto: collana e orecchini, perché si sa “aggia metter’ acopp’”.
La festeggiata, travolta da un attacco di irrefrenabile ipocrisia, camuffato da stupore, stampa il suo amorevole bacio sulle labbra del reduce. Con la gloria dipinta in volto si rivolge all’amata cognata: “E vist’ c bellu regal’ ca m’ha fate’ fratet’?
Ora che la famiglia è salva, si può festeggiare.