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Paula Cooper trovata morta. Donna simbolo della lotta alla pena di morte

Redazione Napolitan di Redazione Napolitan
30 Maggio, 2015
in News
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Paula Cooper trovata morta. Donna simbolo della lotta alla pena di morte
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ann_deathrow_freed_130617_wgPaula Cooper è stata trovata morta dalla Polizia martedì 26 Maggio ad Indianapolis.
Probabilmente suicida, ha posto fine alla sua vita con un colpo di rivoltella alla testa, aveva 45 anni.

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IL CASO: L’11 Luglio 1986 Paula accoltellò a morte Ruth Pelke una donna di 78 anni,insegnante di studi biblici.
Aveva 15 anni e insieme ad altre tre ragazze ,anch’esse minorenni, ammazzò freddamente la signora Pelke colpendola trentatre volte con lo scopo di rapinarla. Le ragazze fuggirono dall’abitazione dell’anziana donna con un bottino di 10 dollari.
Vennero arrestate due giorni dopo l’omicidio, ma tre delle quattro colpevoli accusarono Paula.
Al processo Paula si dichiarò colpevole ed espresse rimorso per quanto commesso, ma ciò non bastò .
Al termine della sentenza venne condannata alla pena di morte.

A questo punto della storia l’atrocità del crimine non ebbe più importanza. La prospettiva cambia se una ragazza minorenne viene condannata alla sedia elettrica.

In questo caso cambiò tanto da mettere finalmente in luce che per lo Stato dell’Indiana l’età minima per la pena di morte era di 10 anni. Ci volle poco e la storia di Paula fece il giro del mondo, in particolar modo colpì l’Italia che si mobilitò contro la condanna a morte.
Su iniziativa dei radicali nacque il movimento “Non uccidere”, Papa Giovanni Paolo II chiese la grazia e grazie ad Ivan Novelli e Paolo Pietrosanti 2 milioni di firme vennero portate all’Onu.

Al seguito di tale mobilitazione la Corte Suprema ,trascorsi tre anni, decise di convertire la condanna a 60 anni di carcere, per poi diminuirne a 27 data la buona condotta.

Nel corso degli anni la vita di Paula Cooper cambiò. Da un iniziale atteggiamento aggressivo saltò fuori la voglia di cambiare e di dare il suo contributo alla società.
Richiese il trasferimento in un centro penitenziario più rigido, si diplomò, prese un piccolo master in psicologia, si appassionò alla cucina.
Desiderava ,una volta uscita, essere di ispirazione per ragazzi dal passato difficile come il suo, spiegare che il crimine non paga.

Aveva ispirato la madre che nell’attesa di riabbracciare sua figlia lottava contro una vita dedita all’alcolismo, aveva guadagnato il perdono e l’appoggio del nipote della signora Rilke, Bill Rilke, che da allora si dedicò all’anti-criminalità.
Aveva raggiunto la libertà nel 2013 e nel giro di pochi mesi la libertà condizionata sarebbe finita.

Tags: paulacooperpenadimorte
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