Quando si parla della ricchezza del sottosuolo, in genere si tende a pensare ai giacimenti petroliferi o a quelli di metallo, o ancora gas e diamanti.
Quando si parla del sottosuolo di Napoli, invece, vi sono si ricchezze, ma Storiche.
Il Museo del Sottosuolo è uno degli esempi più rappresentativi di questa grande ricchezza tutta partenopea.
L’ingresso al Museo del Sottosuolo è in Piazza Cavour n. 140, scendendo a trenta metri di profondità, attraverso un dedalo di cunicoli e cave di tufo ci si trova in una città parallela, ricca di fascino e suggestioni.
Durante il secondo conflitto mondiale, sfruttando un’antica cisterna greco-romana, queste enormi cavità, divennero rifugio antiaereo per migliaia di napoletani che, scappati dalla furia dei bombardamenti, trovarono la loro salvezza nel ventre pulsante della città.
Nello stesso luogo, a distanza di oltre mezzo secolo, grazie al lavoro di recupero e alla passione del Presidente del Centro Speleologico Meridionale, l’ing. Clemente Esposito, coadiuvato dai membri dell’associazione speleo-archeologica culturale de La Macchina del Tempo, è stato ricavato il Museo in cui si condensano secoli di storia made in Partenope.
Nel museo sotterraneo è stata realizzata una vera e propria opera di riambientazione ricca di cimeli e testimonianze dell’epoca, ovunque, nell’antico ricovero bellico, restano le tracce della vita dei rifugiati: oggetti di uso comune, disegni e pensieri, scritti lungo le pareti col carboncino, lucerne ad olio, antichi picconi ed utensili utilizzati, nel corso dei secoli, dai cavatori napoletani, cocci di anfore impiegati per prelevare l’acqua, ampolle e strumentazione medica appartenute, un tempo, a un’antica farmacia rinvenuta nel centro storico. Tutti reperti di scavo, magari privi di valore artistico, ma intensamente impregnati di quel fascino che solo la storia è in grado di infondere agli oggetti.
Lungo il tragitto, che si snoda in un caleidoscopio di luci e bagliori proiettati dai cristalli naturali, la vasta collezione permanente di variopinte riggiole. Si tratta di antiche piastrelle maiolicate che i maestri napoletani hanno cominciato a lavorare e produrre a partire dal XIV secolo.
L’ingresso al Museo si trova a pochi passi dalla linea 2 della Metropolitana: un’anonima porticina, fronte strada, accoglie il visitatore proiettandolo, come per magia, in un viaggio a ritroso nel tempo.