“Un’ala di riserva” è il nome della “cassaforte mascherata da Onlus” dalla quale, per troppo tempo, una coppia di coniugi ha attinto capitali per adempiere a spese tutt’altro che caritatevoli.
L’ormai tristemente noto esito dell’inchiesta della Procura di Napoli in merito all’operato di quella che abbiamo scoperto essere solo sulla carta un’associazione “senza scopi di lucro” attiva a Giugliano in Campania, getta un velo di triste e scettico sconforto su tutto quello che galleggia intorno alla parola “beneficenza”.
Una condizione che rischia d’irretire ed incupire anche l’operato di chi pratica una condotta profondamente diversa rispetto a quella dei due coniugi che hanno abusato della buona fede dei loro benefattori, nascondendo i loro cinici interessi dietro il vergognoso alibi della finalità sociale. I due intascavano soldi destinati a dare vitto e alloggio a centinaia di immigrati provenienti dal Nord Africa.
È per questa ragione che Alfonso De Martino è finito in carcere, e la sua compagna, Rosa Carnevale, ai domiciliari. I due, entrambi 43enni, sono ora accusati di reati che vanno dalla truffa al peculato e all’appropriazione indebita. Nell’ordinanza del gip Antonio Cairo si evidenzia che si strumentalizzava l’assistenza agli immigrati “per l’utile personale e in funzione di un guadagno illecito“. Con i soldi destinati all’accoglienza dei migranti in base a una convenzione con la Regione Campania, secondo quanto accertato dagli inquirenti gli indagati avevano acquistato un immobile a Milano (152.000 euro), una società di schede per ricariche telefoniche (733 mila euro), nonché preso in fitto un bar a Pozzuoli (15 mila euro), comprato un immobile a Pozzuoli (100 mila euro) e si sarebbero appropriati di 130 mila euro in contanti e di 345 mila euro attraverso fatture per operazioni inesistenti.
L’associazione percepiva 40 euro al giorno per ciascun immigrato: la convenzione prevedeva la fornitura di vitto e alloggio e altri servizi.
Gli indagati avrebbero anche fatto risultare falsamente di aver ospitato parte dei migranti per i quali percepivano le somme. L’inchiesta fu avviata in seguito alla denuncia di due immigrati somali che erano stati arrestati ingiustamente in seguito a false accuse da parte di De Martino. I due gli avevano chiesto la corresponsione di alcune somme, relative a pocket money, piccole cifre che avrebbero dovuto ricevere secondo quanto stipulato nella convenzione. Ma furono denunciati e fatti arrestare dallo stesso presidente della onlus. In carcere i due immigrati spiegarono come erano andate in realtà le cose agli inquirenti che indirizzarono le indagini su De Martino.
Nell’ordinanza del gip Antonio Cairo si evidenzia che si strumentalizza la assistenza agli immigrati “per l’utile personale e in funzione di un guadagno illecito”.
I soldi erogati alla onlus di Giugliano per l’assistenza agli immigrati africani sono stati utilizzati anche per l’acquisto di biglietti per la partita Napoli-Chelsea di Champions League nel 2012. Si tratta di 37 biglietti per complessivi 5.720 euro.
Andavano allo stadio e si assicuravano un tenore di vita ragguardevole, a discapito di vite labili e di per sé sopravvissute all’inferno.
“È una questione di coscienza”.
Urla a gran voce l’opinione pubblica, disgustata ed inviperita all’idea che quei pochi risparmi di cui ci si priva per compere una buona azione vadano a rimpolpare le casse di chi è pronto a lucrare sulle sciagure dei meno abbienti.
Si sentono presi in giro le persone comuni, quelle che arrancano per arrivare a fine mese, ma che, ciò nonostante, sono ancora disposte a fare la fila alla posta per pagare un bollettino utile a versare poche dozzine di euro nelle casse di “una buona causa”.
Perché è più facile che a privarsi di poco, sia chi “ha poco e nulla”, proprio perché in petto gli battono le medesime ed angoscianti emozioni di quelle vite legate all’esito di quel vaglia postale, piuttosto che a chi manca poco per poter dire di avere “tutto”. Almeno, questo è quanto, erroneamente, questi ultimi giungono a dedurre.
Oggi scopriamo che è più corretto concludere che a coloro basta poco per perdere tutto.
Nel caso di questi due signori, sotto la voce “tutto” sono annoverati valori imprescindibili, quali: stima, rispetto, onestà, lealtà, credibilità, umanità.
Valori che non hanno prezzo e che non possono essere acquistati e, in questo caso, di certo, non “riacquistati”.