Sono stati inflitti 20 anni di reclusione a Salvatore Parolisi per l’omicidio della moglie Melania Rea dalla Corte d’Assise d’Appello di Perugia che ha ricalcolato la pena dopo la Cassazione. Per l’ex caporalmaggiore, già condannato a 30 anni con l’abbreviato, i giudici hanno escluso l’aggravante della crudeltà. Non concesse le attenuanti.
L’ex caporalmaggiore dell’Esercito è stato ritenuto così definitivamente responsabile del delitto.
La vicenda ebbe inizio alle 16.34 di lunedì 18 aprile 2011. Un uomo telefona al 112 per segnalare la scomparsa della moglie, dicendo all’operatore della Centrale Operativa del Comando dei Carabinieri che risponde alla sua telefonata, di essere un militare in servizio al 235° RAV di Ascoli Piceno, che, mentre si trovava con la moglie e con la figlia in un parco con altalene e scivoli, la moglie –Melania – è scomparsa.
La ricostruzione di Parolisi racconta che la moglie si allontana per andare in bagno e si dirige, senza borsa, verso una stradina che conduce ad un vicino chiosco, ma non facendo più ritorno dopo 15/20 minuti fa preoccupare il marito che prova a contattarla inutilmente.
Scattano le ricerche, i carabinieri arrivano sul luogo circa un’ora dopo la telefonata di Parolisi. Si cerca nella zona, ma di Melania nessuna traccia. L’indomani proseguono le ricerche. C’è anche Parolisi che, però, alle 11.00 abbandona le ricerche della moglie, recandosi in caserma e facendo ritorno solo in serata. Ma di Melania ancora nulla.
Alle ore 14.48 del 20 aprile, con una telefonata anonima fatta al 113 da una cabina telefonica, un uomo, denuncia la presenza di un “corpo per terra” nella zona di Ripe di Civitella, in località “chiosco della pineta”. E’ il cadavere, straziato, di Melania.
L’autopsia dirà che la donna è morta dopo un’agonia durata alcune decine di minuti, per anemia emorragica acuta conseguente alle numerose ferite inferte: 29 ferite da punta e taglio e 6 ferite da taglio. Melania è stata accoltellata dappertutto, in viso, sul torace, sull’addome, sulle braccia.
Il cadavere presenta anche delle “ferite figurate” (una “croce di Sant’Andrea”, una “svastica”, una “grata a grosse maglie”): si scoprirà in seguito che queste ferite sono state inferte al corpo di Melania successivamente alla sua morte, con l’evidente intento di depistare le indagini, facendo credere che l’omicidio possa essere opera di qualche setta satanica.
Salvatore Parolisi verrà ascoltato più volte. Quella stessa sera del 18 aprile, il caporalmaggiore descrive più minutamente i movimenti che quel giorno lui, la moglie e la figlioletta di 18 mesi fecero dal mattino fino al momento della scomparsa della moglie.
Di Melania c’è una traccia sicura fino alle 13.30 del 18 aprile, quando lei riceve la telefonata della madre alla quale dice che da lì a poco, dopo aver mangiato qualcosa rapidamente, si sarebbero recati a Colle di San Marco per far fare una passeggiata alla bimba, e che al massimo alle 16.00 avrebbero fatto ritorno.
Alle 14.40 circa, l’amica Sonia proverà a contattare Melania telefonicamente ma già a quell’ora Melania non risponde più al telefono.
Salvatore Parolisi racconta tante cose durante i primi colloqui con gli inquirenti. La maggior parte di queste si riveleranno essere non vere, una sfilza di bugie che contribuiranno a fare di Parolisi l’unico indagato per la morte di Melania. Salvatore Parolisi, inoltre, tradisce la moglie da anni (addirittura ancor prima del matrimonio), l’uomo ha un’amante dal marzo 2009. È Ludovica Perrone. È con lei che Melania, nel gennaio 2010, ha una vivace discussione durante la quale viene esortata “con toni decisi” ad interrompere la relazione con suo marito.
Ma Parolisi ha avuto anche altre relazioni extraconiugali. Lo sa Ludovica, lo sanno al 235° Reggimento Piceno, lo sa bene Rosa Cesarino, l’altra allieva del caporalmaggiore con la quale egli ebbe una relazione di breve durata, lo sanno i titolari di una sorta di B&B nei quali Parolisi era solito incontrarsi con le proprie amanti per consumare rapporti sessuali.
E ancora altre bugie: Parolisi dichiara di “utilizzare unicamente il servizio di messaggistica istantanea ‘Messenger’, escludendo l’uso di ‘Facebook’, di ‘Skype’ e di ‘chat’, da lui testualmente definite strane”. È anche questa una mancata verità. Parolisi aveva un profilo su Facebook, e tramite esso comunicava e chattava regolarmente con la sua amante Ludovica Perrone.
Parolisi dichiara anche che “in nessuna occasione la moglie aveva avuto modo di nutrire sospetti su eventuali relazioni sentimentali intrattenute con allieve specificamente individuate e che mai tale eventualità gli era stata contestata dalla moglie”. Ma questa sarà l’ennesima bugia: Melania, insospettita da alcuni comportamenti ambigui del marito, scoprì la sua relazione amorosa con la soldatessa Ludovica già prima del gennaio 2010.
Alla luce dei fatti, il sostituto pg Costagliola aveva spiegato al termine dell’udienza di avere chiesto per Parolisi «il massimo della pena possibile in base al rito abbreviato». Secondo il sostituto pg, tutti i comportamenti di Parolisi «prima, durante e dopo portano a dire che non merita proprio le attenuanti generiche». «Ha cercato di deviare le indagini – ha aggiunto Costagliola -, ha negato ogni rapporto con la ex allieva ed ha vilipeso il cadavere per far pensare che fossero state altre persone». Presente in udienza anche la famiglia di Melania Rea rappresentata come parte civile dall’avvocato Mauro Gionni.
Il legale ha chiesto che non vengano concesse le attenuanti generiche a Parolisi e venga «rivalutata l’aggravante della crudeltà» già esclusa dalla Cassazione. «Ci siamo riportati – ha spiegato l’avvocato Gionni – agli elementi emersi davanti alla Corte d’Assise d’Appello de L’Aquila. A nostro avvisto Parolisi non merita le attenuanti per le modalità del delitto. Le 35 coltellate restano, resta il depistaggio e resta il fatto che sia tornato a sfregiare il cadavere della moglie».
Mentre la difesa di Parolisi aveva chiesto un «doppio sconto» di pena alla Corte d’Assise d’Appello che deve rivalutare al ribasso la condanna a 30 anni inflittagli per l’omicidio della moglie Melania. In particolare i legali, gli avvocati Nicodemo Gentile e Valter Biscotti, hanno sollecitato l’esclusione dell’aggravante della crudeltà e la concessione delle attenuanti generiche.