“Del’Ice” è un nome che sintetizza l’anima, l’essenza di un progetto imprenditoriale saldamente ancorato su una tanto gustosa quanto longeva tradizione: l’irresistibile dolcezza del cioccolato, l’avvolgente freschezza del gelato.
Un marchio che, oggi, personifica l’amore di un bambino di nome Francesco Salvo, cresciuto tra “i dolci ferri del mestiere” di famiglia, nutrendo e nutrendosi, fin da subito, di un profondo amore verso tutto quello che è dolce e sa di buono. Un amore che ha generato un sogno, quello che, di giorno in giorno, attraverso la proposta di prodotti sempre freschi e mai al di sotto delle aspettative, continua, con comprovato successo, a prendere gusto e forma.
E pensare che la storia della Famiglia Salvo, nel mondo del cioccolato, nasce in maniera tanto casuale quanto fortuita, quando nel 1980, Antonio Salvo, già noto pasticcerie, in seguito ad un litigio con i fornitori che tardavano a consegnargli le uova di Pasqua, decise di produrre da sé la cioccolata da forgiare a immagine e somiglianza di una delle più diffuse e gettonate icone della suddetta festività. Fu così che, dopo quel fortuito, ma più che apprezzato esordio, il capofamiglia Antonio, un po’ per gioco un po’ per scommessa, cominciò a produrre uova di cioccolato sia per la propria pasticceria sia su commissione. La prima produzione avvenne nella Pasqua del 1980 e fu subito un successo al punto che la famosa Cioccolateria Salvo, divenne una delle più importanti aziende di cioccolato del meridione.
Nel 2004, l’Azienda con il supporto dei figli divenuti ormai adulti, inizia ed espandere il proprio business anche nel mondo della gelateria aprendo il primo punto vendita a marchio Del’Ice. La particolare attenzione per la qualità del gelato prodotto, rigorosamente artigianale, unito alle ricette gelosamente custodite hanno reso celebre la gelateria Del’Ice in tutta Italia.
Pertanto, la cioccolateria Salvo vanta un’esperienza trentennale nel goloso settore d’appartenenza e Francesco intende seguitare a far tesoro degli insegnamenti e dei preziosismi ereditati da papà Antonio per portare avanti non solo la tradizione della sua famiglia, ma anche e soprattutto quella dell’industria artigianale del nostro Paese, a dispetto della crisi e delle molteplici problematiche tristemente note con le quali un imprenditore artigiano si trova costretto a fare i conti.
“La chiave del successo – spiega Francesco Salvo – va riscontrata nella capacità di fondere l’esperienza a prodotti sempre freschi e di qualità. C’è una differenza sostanziale tra la cioccolata prodotta utilizzando un surrogato e quella a base di burro di cacao. Quest’ultimo ingrediente, fondamentale ed imprescindibile per produrre dell’ottima cioccolata, talmente pregiato che viene finanche utilizzato in campo farmaceutico, rappresenta l’elemento che impreziosisce ed arricchisce il cioccolato, conferendogli un aspetto, un profumo e un sapore unici.
Un surrogato composto da grassi vegetali, sotto nessun aspetto può reggere il confronto con un cioccolato prodotto con burro di cacao e cacao puro proveniente dal Sud America. Inoltre, una percentuale più elevata di burro di cacao, rispetto al cacao in polvere, rende il cioccolato più pastoso e gustoso, concedendogli una maggiore scioglievolezza che conferisce il sapore più pieno ed edificante alla parola “cioccolato”, esaltandone il gusto.
In tal senso, le ganache, ovvero i cioccolatini artigianali ripieni, rappresentano il biglietto da visita di un maestro cioccolatiere. Nel nostro caso, il connubio, armonico e perfetto, tra grassi animali e cioccolato puro, alla base delle nostre ricette, ci consentono da trent’anni di produrre e proporre cioccolatini di ottima fattura.”
Ma come si riconosce del buon cioccolato?
“Quando all’interno del prodotto presenzia una maggiore percentuale di burro di cacao, pari al 36-38%, oltre all’80% di cacao puro, il cioccolato non può che essere ottimo. Questo lo rende sicuramente meno facile da lavorare rispetto ai surrogati, – spiega ancora Francesco Salvo – utilizzabili in modo veloce, in qualsiasi ambiente. Considerando le temperature elevate che regnano in un laboratorio di pasticceria, avvalersi di un surrogato agevola senza dubbio il lavoro, seppure penalizzi notevolmente la qualità del prodotto. Il cioccolato esige di essere lavorato in maniera conforme alle sue caratteristiche chimico-fisiche. Ad onor del vero, la fase di temperaggio ricopre un ruolo cruciale. In primis, a seconda delle differenti tipologie di cioccolato, esistono altrettante e diverse temperature ideali alle quali portare il prodotto per intingere corpi cavi piuttosto che lavorare alle coperture di dolci: per il cioccolato fondente, parliamo di 27°; 28° il cioccolato al latte, mentre il cioccolato bianco 28,5°.
Spostarsi anche di pochi gradi da quelli consigliati comporta la formazione di una patina bianca, non solo brutta da vedere, ma che ancor peggio personifica la dimostrazione concreta e tangibile che il cioccolato è stato lavorato ad una temperatura sbagliata.
Per svolgere al meglio questa operazione è opportuno conoscere la temperatura dell’ambiente nel quale si lavora, così da poterlo ventilare se raggiunge picchi eccessivi, oltre che quella del cioccolato, immergendo al suo interno un termometro. Un ruolo altresì rilevante lo ricopre la temperatura delle mani, allorquando si è chiamati a dover lavorare manualmente il cioccolato.
Per quanto riguarda la fase di scioglimento, invece, la temperatura ideale è tra i 48° e i 50°, al di sotto di questa temperatura, il cioccolato non si scioglie perfettamente, ad una temperatura più elevata, di contro, si altera il gusto. Un’operazione che va eseguita non portando il cioccolato a contatto diretto con il fuoco, per non consentire ai grassi in esso contenuti di bruciare, quindi la cottura avviene a bagnomaria.
Il consiglio che do ai consumatori è di affidarsi alle sensazioni che gli vengono consegnate dalle papille gustative quando assaporano una ganache per capire la differenza tra un prodotto realizzato con del cioccolato puro piuttosto che con un surrogato. Il primo è caratterizzato da un sapore cremoso, da una delicata scioglievolezza e consegna sensazioni più che piacevoli. Il secondo, rilascia una sensazione oleosa al palato, sprigionando quel gusto comunemente apostrofato come “sapone da barba” e che può arrecare mal di stomaco, bruciore e sensazioni nauseabonde.
Purtroppo, le normative in corso, non giocano a nostro favore. Da circa 8 anni, infatti, la comunità europea ha acconsentito che anche sui prodotti composti da surrogato possa figurare la dicitura “cioccolato”. L’unico aspetto che diversifica le due qualità di prodotto è da riscontrare nel fatto che a noi cioccolatieri artigiani viene accordata la possibilità di affrancare la dicitura “cioccolato puro” ai nostri prodotti.
Quello che si verifica durante le feste pasquali, in tal senso, consegna un ritratto nitido della situazione. Quando ero bambino, sognavo ed immaginavo l’uovo di Pasqua come dell’ottimo cioccolato che ti fa sporcare la bocca. Per i bambini di oggi, invece, è un involucro che racchiude la sorpresa del personaggio più in voga del momento. Tant’è vero che le grandi multinazionali ed aziende entrate nel business curano le uova di Pasqua come un’operazione di puro marketing, concentrandosi ed investendo solo sulla sorpresa, a discapito della qualità del cioccolato che, il più delle volte, difatti, viene buttato perché immangiabile.
Una tradizione, l’ennesima, che rischia di perdersi, allontanando sempre di più i nostri figli da quelli che sono i nostri valori.”