La storia, inclemente, si ripete: altre due perle storiche del patrimonio artistico partenopeo, chiuse definitivamente al pubblico e lasciate nel dimenticatoio.
Si tratta della duecentesca Chiesa di San Giacomo degli Italiani (foto a sinistra) e della neoclassica Chiesa di Sant’Angelo a Segno (foto a destra).
Per entrambe la stessa sorte.
Sconsacrate in passato, sono rimaste proprietà dell’arcidiocesi, senza un progetto di utilizzo valido.
Durante il Giubileo del 2011, il Cardinale Crescenzio Sepe, lanciò un bando che prevedeva la concessione delle strutture, attraverso un comodato d’uso. Tale comodato risultò essere rigido e oneroso per le associazioni, così soltanto sette o otto delle duecento chiese chiuse, riuscirono ad essere affidate. Nessuno aveva la forza di sostenere economicamente la gestione imposta dal bando, forse solo l’ordine degli ingegneri. In altre regioni, come Umbria ad esempio, l’affidamento per le chiese in dismissione, è gratuito o semi gratuito.
Giuseppe Schiattarella, il giovane artista che aveva avuto in affidamento dalla Curia, la Chiesa di San Giacomo degli Italiani, scaduto il comodato d’uso con il quale il tempio era stato assegnato all’Unione Cattolica Artisti Italiani e per la quale Schiattarella gestiva il luogo, ha dovuto riportare le chiavi in arcidiocesi.
Antonio Pariante del Comitato di Portosalvo, l’associazione che si è data la missione di salvare i luoghi un tempo di missione, afferma che la Chiesa, con questo ultimo atto, è “ritornata nel completo oblio“.
Stesso infausto destino, è toccato alla piccola Chiesa di Sant’Angelo a Segno, richiusa dopo un brevissimo periodo di affido ad un gruppo di Artisti. Pariante rincara – “Senza bando e senza una gestione illuminata che riconsegni questi patrimoni d’arte ai cittadini che fine faranno queste chiese?“.
Ma conosciamole meglio, queste due perle storiche:
Chiesa di San Giacomo degli Italiani (detta anche chiesa di San Giacomo della Spada)
In origine la chiesa s’innalzava in uno slargo di vico Venafro, a pochi passi dalla strada e dalla Piazza di Porto, strade oggi non più esistenti come tutta la zona del Basso Porto sventrata dai lavori del Risanamento.
La struttura venne fondata nel 1238, in epoca sveva, dal console pisano Addone Gualdulio e dal cavaliere Ruggiero Pesce in adempimento di un voto da parte della Repubblica di Pisa, la cui flotta aveva vinto una battaglia contro i Saraceni ed era approdata nel porto di Napoli.
Nel 1406 divenne la chiesa dei Cavalieri dell’Ordine della Spada.
Dopo l’Ordine cavalleresco, nel 1775 la chiesa fu restaurata in stile barocco e elevata a sede parrocchiale dal cardinale Gesualdo.
La planimetria della chiesa (molto singolare) era ad aula di forma quadrangolare con cinque cappelle ricavate tra i pilastri che articolavano le pareti. In un ambiente superiore alla chiesa vi era pure il seicentesco oratorio di Maria Santissima del Refrigerio dove si riunivano gli armaioli di via Lanzieri.
L’attuale chiesa di San Giacomo fu ricostruita in seguito agli accordi presi con la società per il Risanamento, quasi nello stesso luogo della precedente, ma sulla nuova via Depretis, riutilizzando il primitivo portale con al centro lo stemma di una conchiglia con spade incrociate. Anche alcuni dipinti della vecchia chiesa trovarono posto nella nuova sede.
La chiesa ha subito dei danni a causa dei bombardamenti nel 1943, in particolare da quello che colpì l’adiacente palazzo dei Telefoni. La facciata perse alcuni ornamenti neobarocchi e la torretta campanaria.
Dal terremoto dell’Irpinia del 1980 la chiesa è sconsacrata.
Chiesa di Sant’Angelo a Segno situata in pieno centro storico diNapoli, nel Decumano Maggiore attuale via Tribunali al civico 45.
L’origine del luogo di culto dedicato a San Michele Arcangelo è abbastanza controversa:
da alcuni vien fatta risalire al VII secolo, quando Sant’Agnello, vescovo di Napoli, bloccò prodigiosamente l’invasione dei Longobardi innalzando un’insegna con la croce cristiana e affidandosi all’intercessione del santo arcangelo.
Secondo altri invece l’origine dell’edificio di culto sarebbe da collocarsi intorno al 574, quando i napoletani, grazie all’aiuto Santo, riuscirono a respingere l’avanzata dei Saraceni.
Ad entrambi gli episodi è stata collegata anche la denominazione “a segno“: sulla soglia della chiesa, infatti, fu infisso un chiodo a testimoniare il limite dell’avanzata dei barbari invasori (longobardi per alcuni, saraceni per altri).
Oggi del chiodo non vi è più alcuna traccia, ma a ricordare questo episodio resta una lapide posta sulla porta d’ingresso.
Dell’antico edificio paleocristiano non resta più nulla; la chiesa attuale fu ricostruita in chiave neoclassica nel 1825, su progetto dell’architetto Luigi Malesci.
Fu chiusa al culto negli anni sessanta del XX secolo e attualmente il Museo di Capodimonte conserva alcune opere da essa provenienti: la Circoncisione di Simon Vouet del 1622, San Tommaso di Canterbury della scuola di Giovanni Balducci, Santa Rosa della scuola di Luca Giordano, la pala d’altare raffigurante San Michele Arcangelo di Francesco Pagano.