Pasquale Scotti, uno degli ultimi baluardi della camorra cutoliana, soprannominato “Pasqualino ‘o collier” per aver regalato il suddetto pregiato accessorio femminile proprio alla moglie del “professore” che negli anni 80’ deteneva le redini delle attività criminali all’ombra del Vesuvio.
Scotti, conosciuto anche come l’ingegnere, è stato uno dei più fedeli alleati di Raffaele Cutolo, rappresentandone la cosiddetta “batteria” o braccio armato. Ricoprì un ruolo cruciale nella trattativa per la liberazione dell’assessore della Dc Ciro Cirillo, sequestrato il 27 aprile 1981 dalle Brigate Rosse, nel garage di via Cimaglia a Torre del Greco e fu prigioniero per 89 giorni.
Dopo il trasferimento di Cutolo al carcere dell’Asinara, e il maxi-blitz del giugno 1983, Scotti tenta di riorganizzare le file della Nuova Camorra Organizzata.
Pasquale Scotti viene arrestato a Caivano il 17 dicembre del 1983 grazie ad un’operazione diretta dall’allora capo della squadra mobile Franco Malvano. Accusato di essere il mandante dell’omicidio di Giovanna Matarazzo detta Dolly Peach, una ballerina di un night club romano legata sentimentalmente a Vincenzo Casillo.
In realtà, il suo potere deriva da numerosi altri crimini (omicidi, estorsioni, riciclaggio, controllo dello spaccio di stupefacenti). Luigi Cesaro, deputato del centrodestra, ha ammesso che, nel corso degli anni ottanta, chiese la protezione di Rosetta Cutolo al fine di sottrarsi alle pesanti richieste estorsive del gruppo di Pasquale Scotti.
Nel corso della detenzione, sembra decidere di collaborare, rivelando diversi aspetti dell’organizzazione cui era affiliato. In seguito, invero, si scoprì che si trattò di una collaborazione fittizia. Scotti evade infatti la notte di Natale del 1984 dall’ospedale civile di Caserta, dove era stato ricoverato per una ferita alla mano. E quindi era ricercato dal 1985 per omicidio ed occultamento di cadavere.
Dal 17 gennaio 1990 è ricercato anche in campo internazionale ed è entrato a far parte dell’Elenco dei latitanti più pericolosi d’Italia. Nel corso degli anni della latitanza, sulla sua sorte erano state formulate le ipotesi più disparate: non ci sarebbe stata certezza sul fatto che fosse ancora in vita.
Nel 2005, la terza sezione della corte d’assise di Santa Maria Capua Vetere, condanna il boss all’ergastolo.
Quella che si appresta a volgere a termine è una giornata storica, in virtù del fatto che un criminale, latitante dal 1985, è stato arrestato a Recife, in Brasile, dove viveva con il nome di Francesco De Castro Visconti insieme alla moglie brasiliana e ai due figli e aveva quote societarie di attività di ristorazione e servizi.
Il 26 maggio 2015 verrà tramandato ai posteri come il giorno in cui si è sciolto il fitto mistero protrattosi per 30 anni intorno alla figura di Pasquale Scotti.
Scotti era uno dei personaggi più intelligenti, colti e presentabili del gruppo sanguinario di Raffaele Cutolo. Era in grado di stabilire contatti con i politici, ma era anche il killer capace di tessere alleanze e accordi con imprenditori e colletti bianchi.
Secondo gli inquirenti, viveva a Recife da 5-6 anni. In precedenza, le ricerche si erano concentrate su Romania, Gran Bretagna, Africa e Cina. Quando è stato fermato, stava andando a comprare del pane. A portare i magistrati sulle sue tracce, di recente, nonostante lui non avesse più alcun contatto con l’Italia, una intercettazione telefonica in cui è emersa la sua identità brasiliana, unitamente alle testimonianze di una mezza dozzina di pentiti, tra cui l’ex boss della zona di Acerra, Marcello Di Domenico, che hanno dato la certezza che l’ex vertice della Nco fosse vivo.
Scotti è stato arrestato a Recife, capitale dello stato del Pernan, terza città del Nordest del Paese, al termine di una lunga complessa indagine condotta dalla sezione Criminalità organizzata della Squadra mobile di Napoli con l’intelligence dello Sco, e grazie ai collegamenti curati dall’l’Interpol e delle forze di polizia brasiliana. Durante le ore immediatamente successive alla cattura si sono ultimati gli accertamenti sulla sua identità, ma un primo importante dato viene dal riscontro delle impronte digitali: sono quelle di Scotti.
Un arresto che infligge un colpo letale alla camorra. Peccato che si tratti del sistema che spadroneggiava e troneggiava sulla città “appena” 30 anni fa.