Quello ritratto nella foto che affianca queste parole è un abito da sera in crep de chine di colore nero con coppe in douchesse, tutto di seta pura.
Sotto il taglio del seno esibisce una fascia ricamata con conottiglie. Impreziosito da una manica realizzata con fasce a forma di radici intrecciate tra loro che parte da un polso gioiello ed arriva sulla spalla abbracciando il collo.
Si tratta di un abito estrapolato dalla collezione di Altamoda dedicata all’Africa, portata in passerella da Gianni Molaro nel 2013, nel calendario di Altaroma.
La suddetta foto è stata scattata a Parigi dal giornale internazionale di alta moda Randez Vous.
Un abito che ha saputo portare in passerella un’emozione innovativa ed intensa, capace di volare alto, per valicare finanche le Alpi.
Un abito che nasce sotto forma di un anatroccolo bianco, prima di tramutarsi in un cigno nero.
Nero come il colore del fascino. Quel fascino insito nel mistero che contraddistingue l’ignoto, capace di catturare gli occhi circuendoli in un malizioso sentiero, da percorrere con insistenza per catturare l’attimo utile da percorrere per giungere a scoprire ciò che agli sguardi più frivoli e grossolani appare inviolabile. In realtà, il nero, avvolge, ma non nasconde. L’eleganza, la classe, la signorilità che il nero incarna, allorquando, sovrano e incontrastato, colora un abito, consegna a quest’ultimo un’accezione di senso magica, sublime e compiuta.
Il nero di Gianni Molaro è pura, fervida e sinuosa eleganza.
Quel nero tinge sull’ambito che colora la strabiliante capacità di personificare la medesima, sontuosa e troneggiante infinità del cielo, rivelandosi un piccolo frammento d’immensità relegato in un fazzoletto di virtuosismi, cuciti e forgiati ad immagine e somiglianza del mondo interiore del corpo che gli conferisce forma, movimento, emozione.
L’anima no, quella la plasma Molaro. Un’anima fortemente fragile e delicatamente forte.
La femminilità rappresenta di per sé un’opera d’arte e svilirla o depauperarla, deturpandone la naturale bellezza è un infimo passo falso nel quale è facile inciampare. Almeno, questo è quanto accade alla creatività sfrontatamente arida, orfana di quella sensibilità che sancisce la differenza tra “un cuore di diamante” e un “cuore di cartone”.
Uno dei grandi meriti che va attribuito all’espressione che Gianni Molaro scalfisce all’alta moda è proprio quello di creare abiti che sanno puntualmente enfatizzare la bellezza femminile senza mai mortificarla. Quello che doveva essere “un semplice” bracciale diventa ben più di un mero accessorio. Un’autentica opera d’arte applicata alla moda, attraverso la quale Molaro dimostra la piena, legittima e caparbia padronanza del suo talento, incapace di consentire alla paura di osare d’irrigidire la mano mentre traccia le linee dettate dall’ispirazione. Il genio, quello che conferisce forma all’innata inclinazione verso la creazione di “inni alla bellezza femminile” sotto forma di abiti, traspare proprio mediante quella devota abnegazione verso la perfezione che al contempo raggiunge il più confacente equilibrio, fondendosi con l’originalità e l’eleganza.
Negli abiti di Molaro è sempre “il dettaglio” che cattura gli occhi e disarma le aspettative, disegnando sulle bocche l’espressione più sbalorditiva, dalla quale può risuonare un unico, semplice e sentito commento: “Bello!”