Un grande passo è stato fatto nel momento in cui un uomo di colore, per la prima volta, è stato eletto come presidente americano.
Barack Obama era diventato il simbolo internazionale della fine alle persecuzioni razziali, intese anche come “semplici” insulti non sfocianti in atti vandalici. Invece gli episodi di questo tipo, ancora purtroppo all’ordine del giorno in varie parti del mondo, utilizzano il veicolo dell’immagine di Obama per amplificare un messaggio diseducativo.
In particolare, il profilo Twitter del presidente è l’occasione servita sul piatto d’argento, in quanto permette a chiunque di poter dire la sua liberamente, nonostante questa possibilità dia appunto adito a parole che urtano la sensibilità di un personaggio pubblico, e, attraverso di lui, di moltissime altre persone, già costrette a subire avvenimenti analoghi nel proprio ambiente scolastico, lavorativo, comunitario.
Soltanto dopo sei anni dalla sua ascesa politica, Obama ha deciso di aprire il suo account sul social network (continua ad essere attivo l’account della Casa Bianca, non collegabile direttamente a lui), raggiungendo in cinque ore un milione di follower. A distanza di una settimana, sono diventati 59 milioni.
Gli 007 si sono già attivati nelle indagini che potranno portare all’identificazione dei profili (anonimi e non) da cui partono le violenze, quali immagini ritoccate in cui il presidente è intento in atti osceni, decapitato, oppure insulti come “Torna nella gabbia, scimmia”, o ancora “Rope for change” al posto del suo slogan “Hope for change”, “Negro, che ti venga un cancro”, e così via.
I Servizi Segreti hanno dichiarato: “I cittadini hanno il diritto di dire tutto quello che vogliono. Noi abbiamo il dovere di verificare le reali intenzioni della gente, quando vengono fatte certe affermazioni”.