La concezione d’allevamento sano ed equilibrato sta lentamente scomparendo in favore di una produzione intensiva ed estrema, concentrata in luoghi affollati e privi di spazio.
L’idea del pascolo erboso, dell’aia dove poter razzolare o anche del trogolo all’aperto, appartiene al passato, spesso chi acquista proteine animali è inconsapevole delle condizioni in cui vivono gli esemplari prima di diventare cibo.
Molte persone dicono di sapere da dove viene ciò che mangiano, in realtà non lo sanno e non lo vogliono sapere e l’immagine poetica e bucolica dell’allevamento spesso accorre in soccorso dell’acquirente inconsapevole, distorcendo una realtà molto più violenta.
In realtà gli allevamenti intensivi comportano spazi sovraffollati pieni di animali che solitamente faticano a muoversi, tanto da respirare e vivere faticosamente. Gli ambienti non sempre appaiono puliti e adeguati al benessere degli esemplari, che finiscono per vivere compressi, con l’unico scopo di ingrassare per giungere sulla tavola dei commensali.
È un percorso difficile, cruento, doloroso, che miete vittime anche all’interno delle gabbie e dei recinti ristretti.
Per garantire letteralmente una panoramica sul mondo degli allevamenti intensivi, o delle batterie, l’organizzazione no-profit Last Chance for Animals ha realizzato un progetto di sensibilizzazione e visione a 360 gradi, chiamato Factory Farm 360.
Per il momento il gruppo ha filmato l’esperienza di vita in batteria di un allevamento di suini e uno di pollame. Attraverso le loro riprese panoramiche ci si può imbattere nelle reali condizioni di isolamento e costrizione a cui sono sottoposti i maiali.
Le scrofe in particolare, sono bloccate in gabbie definite di gestazione, grandi quanto il loro corpo. Le neomamme sono ferme nella stessa posizione e possono solo partorire oppure allattare i piccoli, ma l’affetto, il contatto, il movimento familiare è escluso e negato. Una situazione frustrante che limita gli spostamenti, causando anche la morte stessa dei cuccioli, schiacciati dal peso della scrofa o prematuramente per infezione, mentre quelli che riescono faticosamente a sopravvivere sono costretti a vivere in condizioni tremende, a mangiare nei propri escrementi, mutilati alla nascita.
Ma basta guardare i dati per capire l’enormità di questa violenza: il 38% degli allevamenti di suini controllati nel nostro Paese è irregolare.
Le leggi sul benessere animale esistono in Italia da anni ma per la mancanza o l’inefficacia dei controlli in troppi allevamenti sono ancora ignorate. Gli allevatori dicono che adeguarsi alla legge è troppo costoso e questo porta a situazioni inaccettabili di sovraffollamento e torture.
Se si è arrivati a questo punto è perché non solo i controlli sono troppo pochi, ma quasi sempre gli allevatori ricevono solo dei richiami e non vere e proprie sanzioni.
Secondo gli esperti l’unica soluzione è organizzare una task force del ministero della Salute che,potenziata e sostenuta, sarebbe esattamente lo strumento necessario per avere più controlli, sanzioni più efficaci e un valido supporto ai veterinari.
Sull’onda di questo scandalo, portato alla luce dall’inchiesta dell’Organizzazione Last Chance for Animals, si può sperare che il Ministero della Salute senta la pressione necessaria a sbloccare il potenziamento della task force che è stato chiesto anche dal Parlamento.
Quando si tratta di azioni concrete per salvaguardare il benessere del Pianeta, dell’ambiente e degli animali, il Team Avaaz è come sempre in prima linea e anche stavolta non si è fatto attendere, lanciando una petizione per spingere il ministero della Salute a dire “ora basta” e ottenere che si attivino gli strumenti affinché le irregolarità vengano punite e l’orrore di questi allevamenti finisca al più presto.