L’Isis minaccia di nuovo l’Occidente, nello specifico gli Stati Uniti, e lo fa per bocca di un occidentale, il reporter britannico John Cantlie.
Il giornalista inglese, nell’ultimo numero della rivista di propaganda jihadista Dabiq, in primo luogo avvisa che l’attacco terroristico che stanno preparando i combattenti di Al Baghdadi contro gli USA farà impallidire a confronto l’attentato alle Torri Gemelle del 2001, poi specifica che l’Occidente sbaglia a preoccuparsi della pista dei trafficanti di immigrati come corsia per reclutare uomini e armi.
Niente armi nucleari o batteriologiche – come l’incubo del virus Ebola che aleggiava fino a pochi mesi fa- ma molto più probabilmente l’idea vecchio stile di tonnellate di esplosivo per colpire al cuore gli Stati Uniti.
Purtroppo John Cantlie è una fonte attendibile, in quanto il reporter inglese è ostaggio dell’ Isis da quasi tre anni e quindi molto vicino ai miliziani dell’Iraq.
Infatti, non si sa precisamente se per la sindrome di Stoccolma o cos’ altro, fatto sta che Cantlie è passato dallo status di vittima di rapimento ed ostaggio a vero e proprio megafono dell’Isis.
Da più di un anno realizza reportage e articoli in cui racconta da vicino la vita in Iraq, definendo “strumentalizzate” le notizie riportate dai media occidentali sulle condizioni di vita della popolazione.
Al di là delle minacce contro tutto l’Occidente che l’Isis non ha fatto mai mancare, le preoccupazioni del Pentagono sono concentrate anche sulla Libia.
Infatti, mentre fino a poco tempo fa al di fuori dei confini di Iraq e Siria, l’Isis non aveva un’organizzazione forte ma solo gruppi frammentati di combattenti, oggi non è più così.
In primo luogo perchè le finanze del gruppo armato del califfato non sono mai state così floride: circa 500 milioni di dollari arrivati in tutto il 2014 dai valori rubati nelle banche di proprietà dello stato e 100 milioni di dollari entrati nelle casse dell’Isis dal commercio del petrolio. A queste cifre si aggiungono anche i 20 milioni di dollari incassati con i riscatti degli ostaggi rapiti.
In secondo luogo perché, approfittando del vuoto di potere politico in Libia, i combattenti dell’Isis possono sfruttare la situazione a proprio vantaggio espandendosi anche in questo Paese.
Insomma, pur mantenendo una certa calma apparente, nè Obama nè i presidenti europei dormono sonni tranquilli.