Passeggiando per le strade del diciannovesimo secolo è possibile imbattersi in una strana figura. Tutti la riconoscono, gettando un occhio di riguardo sulla cosiddetta ”Lutamma”, dalla quale prende il nome, la paglia utilizzata nelle stalle, arricchita dalle feci del bestiame.
E così le piazze e i mercatini rionali, dove sostano gli animali che trainano i carretti, non sono luoghi da passeggio, ma campi su cui cogliere ”profumati fiori”.
Una professione tanto umile quanto curiosa, almeno per quanti sono nati tra gli agii offerti dal ventunesimo secolo. Tutta la bizzarria del ”Lutammaro” risiede proprio nel tipo di merce che ogni giorno gli porta guadagno; gli escrementi, risultano essere, nell’Ottocento, oltre che il cespite del ”Lutammaro”, anche il concime dei contadini dell’epoca, sprovvisti dei moderni fertilizzanti. Niente di più ripugnante, insomma, ha dato da vivere ai più temerari uomini del diciannovesimo secolo.
Quasi sempre di sesso maschile, il ”Lutammaro”, dotato di un olfatto tutt’altro che sensibile, suole versarsi anche in altri ruoli; in assenza del ”Latrenare”, un vecchio surrogato dell’attuale pulitore fognario, il ”Lutammaro” non disdegna la pulizia dei pozzi neri di bagni pubblici e condominiali.
Giulio Cesare Cortese traccia un vago profilo di questa strana figura ottocentesca, con una descrizione raccolta in due versi del suo “Micco Passaro ‘nnammorato“:
”Vede da luongo n’ommo che carrea
certa lotamma co na ciucciarella”.
Uno sguardo rapido che ha portato alla luce uno degli aspetti non solo più bizzarri, ma anche più oscuri, che si nascondono tra le pagine delle epoche trascorse.”Lutammaro”, ”Latrenare”, ”Ferracavallo” e tanti altri costituiscono la materia principale di una storia, che è stata costruita dai grandi, che tutti conoscono, e dai più piccoli, che rimarranno per sempre dietro il sipario.