Nella chiesa di Sant’Antonio a Secondigliano, Napoli, si sono svolti i funerali del capitano della polizia municipale Francesco Bruner, morto nella sparatoria del 15 maggio, nel quartiere Miano, provocata da Giulio Murolo. L’uomo è morto nel tentativo di placare l’ira di Murolo e disarmarlo. Invece è rimasto lui per primo irreversibilmente sopraffatto da quella violenta follia omicida.
“Francesco è una bellissima immagine per un vigile e per tutto il corpo della polizia municipale perché ha salvaguardato il bene altrui. – ha detto il cappellano del corpo della polizia municipale di Napoli che ha officiato i funerali del capitano Francesco Bruner – Il suo sacrificio e quello della sua famiglia bastano, non vogliamo anche quello di Vincenzo”.
Già, Vincenzo Cinque, l’altro vigile urbano ferito da Murolo mentre era in strada ed era intento a fermare il transito delle auto, imponendo agli automobilisti di non passare di lì, sottraendo, in questo modo, innumerevoli altre vite al concreto pericolo di morte che, a più riprese, si è riversato su quella striscia d’asfalto, adesso, lotta per rimanere aggrappato alla vita.
«Don Vincenzo», così il vigile urbano veniva chiamato da molti abitanti del quartiere, sta ancora lottando tra la vita e la morte, in un letto del reparto di rianimazione dell’ospedale San Giovanni Bosco.
Un colpo al collo inferto con la precisione di un cecchino da Murolo e che solo per pochi millimetri non ha reciso la carotide di “Don Vincenzo”. Un altro colpo al torace. Un autentico tiro al bersaglio ha ridotto in fin di vita un uomo perbene, un cittadino onesto espostosi a quel tangibile pericolo pur di mettere in salvo altre vite umane, proprio come ha fatto il suo collega, nonché compagno di sventura, Francesco Bruner.