I jeans, ormai da tempo, possono essere considerati dei veri e propri compagni di viaggio nella vita delle persone: chi li preferisce classici, strappati, stretti, larghi, con zip e con bottoni, a prescindere dalle mode. Oggi, come ieri, il blue jeans si fa portavoce dei mutamenti della moda, e lo fa a più di un secolo dalla sua nascita, quel lontano 1873 in California.
Tutto ebbe inizio grazie a Levi Strauss, (americanizzazione del tedesco Löb Strauß), che nel 1853 aveva fatto le valigie, salutato i parenti, salpando a New York e diretto a San Francisco.
Era convinto che le terre californiane, a quel tempo in piena corsa all’oro, sarebbero state un buon affare per l’azienda di famiglia, un’industria di abbigliamento. Per questo si era fatto dare dai fratelli Jonas e Luis un bel carico di pantaloni, maglie e tessuti vari, ed era così partito.
In realtà, da buon venditore ambulante quale era, l’affare lo fece già in viaggio, piazzando quasi tutta la merce tra i passeggeri della nave. Così, quando sbarcò a San Francisco, nel baule aveva solo qualche ruvido tessuto per i tendoni dei carri, e fu proprio questa la sua fortuna: tagliò la stoffa e ne ricavò un bel paio di pantaloni resistenti, che fecero la gioia di un minatore della zona, stufo di indossar vestiti che si rompevano di continuo. Furono quelli i primi Levi’s della storia.
La storia del Jeans infatti si ripercorre attraverso la produzione di stoffe che soddisfacevano le esigenze di larghe masse di popolazione. L’idea di Strauss in realtà non era nuova: qualche decennio prima ci avevano già pensato gli ingegnosi marinai di Genova a fare lo stesso con un telo bluastro (forse proprio il denim o forse del fustagno italiano) usato per le vele delle navi. Ma l’inventiva del popolo italiano non andò comunque persa, e una traccia ne rimase almeno nel nome dei pantaloni da lavoro di Strauss: blue Jeans, dove il primo termine si riferisce ovviamente al colore, e Jeans sta per Genes, con cui allora ci si riferiva ai genovesi.
Fino alla Seconda Guerra Mondiale, il jeans era rimasto esclusivamente un indumento da lavoro, utilizzato anche dall’esercito statunitense, per poi diventare, nel dopoguerra, un indumento da tempo libero.
Ed è solo intorno agli anni 50 che il jeans approda in Europa, insieme al prestigio delle armate americane vincitrici. Poco dopo, il cinema americano traina il boom del casual, e i jeans cominciano a entrare nelle case dei giovani insieme ai primi idoli del cinema e del rock & roll.
Durante gli anni 60, anni di fermento sociale, politico e culturale, il jeans diventa l’indumento della ribellione giovanile, dell’insubordinazione urbana, manifesto della voglia dei giovani di prendere le distanze dalla monotonia e dall’ipocrisia del mondo adulto. Non a caso, il ’68 e le rivolte giovanili scelgono il pantalone azzurro quale uniforme.
Nel 2006 arriva finalmente il LifeGate Jeans: un jeans creato per le persone che credono nella possibilità di diffondere una coscienza etica, far crescere la domanda per un mercato eco-sostenibile ed equo-solidale e contribuire al cambiamento dalla civiltà dei consumi «compulsivi» ad una nuova civiltà «consapevole», ricca di valori ed ideali, cambiando i modelli di riferimento.
Questo capo d’abbigliamento non ha mai conosciuto declino, negli anni 80 come oggi, infatti, il pubblico segue le tendenze e le mutazioni che lo stesso jeans ha avuto con il passare degli anni. Insomma, un capo d’abbigliamento che riesce sempre e comunque a restare attuale.