Un antico piccolo scrigno del sacro nel cuore del salotto di Napoli, a pochi passi dal mare, chiuso da sempre ai più, pronto a riaprire le porte e a rivivere nel segno di una progettualità d’arte e cultura, motore per i migliori giovani talenti musicali d’Europa e del mediterraneo. E’ la Chiesa di San Rocco a Chiaia, d’origini Cinquecentesche, presente nella mappa settecentesca del Duca di Noja, rimasta nascosta nel sovrapporsi delle architetture recenti, frontalmente all’asse meridiano della Villa Comunale.
Legando a doppio filo le radici barocche dell’edificio e la creatività artistica musicale, da ora fino ad ottobre 2015, per tutti i venerdì e le domeniche, la bellissima Chiesa di San Rocco a Chiaia diventa “La Casa del Mandolino”.
L’Accademia Mandolinistica Napoletana, con il patrocinio del Comune di Napoli – Assessorato alla Cultura, offre ai visitatori che oramai affluiscono costantemente e sempre più copiosamente in città, ma anche più semplicemente agli amanti di Napoli ed agli estimatori della sua cultura una straordinaria rassegna all’insegna di visite guidate, mandolinate, serenate napoletane e canti caratteristici.
Mandolini e canzoni, da sempre un’unione inscindibile nella tradizione partenopea, caratteristica della più alta espressione musicale napoletana, che più immediatamente evoca la nostra città nel mondo.
La rassegna organizzata dall’Accademia Mandolinistica Napoletana si propone come obiettivo, quello di ribaltare uno stereotipo che inspiegabilmente colloca tali vette dell’espressione artistica partenopea nell’ambito del becero folklorismo.
La chiesa di San Rocco a Chiaia è una piccola chiesa monumentale di Napoli, fondata nel 1530 dalle monache di San Sebastiano e dedicata a San Rocco per aver salvato Napoli dalla peste che aveva colpito la città due anni prima.
La sacrestia della nuova chiesa divenne subito sede della Real Arciconfraternita del SS.Rosario e San Rocco, che inizialmente operava all’interno del monastero di San Sebastiano.
Le monache del monastero di San Sebastiano ebbero una certa influenza, riuscendo ad acquisire particolari privilegi concessi dai dogi e dai re che nel corso dei secoli si sono avvicendati. Inparticolare, la chiesa di San Rocco e l’Arciconfraternita in essa ospitata poterono godere dello jus pescandi, ossia la riscossione del diritto di pesca per la parte del litorale prospiciente il monastero.
In seguito, a causa dell’esazione la chiesa fu affidata ai Domenicani. Nel 1839, il re Ferdinando I delle Due Sicilie affidò l’edificio alla congrega del Rosario che la fece rimaneggiare ed abbellire con marmi e tele di pittori famosi. Da allora nel luogo sacro l’Arciconfraternita regolò in proprio gli uffici divini, mentre nei locali attigui, anch’essi riccamente decorati, i confratelli trattarono gli affari temporali e ospitarono i nuovi adepti ora provenienti da ceti socialmente più elevati.