A chi non è capitato di trovarsi alla Villa Comunale di Napoli e, tra una corsa in tuta da jogging e una pedalata in mountain bike, costeggiare lo splendido edificio bianco situato proprio nel centro?
Maestoso ed elegante, sobrio e accattivante allo stesso tempo, la struttura ottocentesca dal bianco mediterraneo è l’Acquario di Napoli.
Meta di uscite didattiche o di visite domenicali, l’Acquario stimola la fantasia dei suoi visitatori per l’atmosfera cupa e tenebrosa tipica dei fondali marini e la luce naturale filtrata dall’alto, attraverso apposite fessure, incute quasi soggezione.
Ma a parte l’aspetto ludico dell’ambiente, cosa si conosce veramente di questa struttura storica e della sua importanza scientifica?
L’Acquario più antico del mondo:
Immutato rispetto al passato, è un vero e proprio documento storico, unica testimonianza al mondo di acquario ottocentesco. Rispetto ai grandi acquari europei ed americani, grandiosi e spettacolari, quello di Napoli appare sobrio, quasi austero. In realtà esso riflettendo il gusto dell’epoca nelle sue strutture architettoniche e nei criteri d’esposizione degli animali,
è solo diverso dagli altri, e per questo unico ed inimitabile.
Fu aperto al pubblico il 12 Gennaio 1874, quando simili strutture cominciavano appena a comparire in Europa.
Fin dal 1867, il naturalista tedesco Anton Dohrn, sostenitore delle nuove teorie darwiniane, andava accarezzando l’idea di realizzare vicino al mare un Istituto per lo studio della biologia marina.
Interessato più agli aspetti biologici degli animali che a quelli anato-morfologici, aveva in prima persona, durante alcuni soggiorni di studio lungo le coste del Mediterraneo, avvertito l’esigenza di una struttura che gli consentisse di mantenere in vita gli animali appena pescati.
Nel 1868 si recò a Messina per studiare la rinomata ricchezza di flora e di fauna di quel mare, portando con se un insolita attrezzatura: un acquario portatile.
Soddisfatto dei risultati scientifici ottenuti con l’ausilio di questo marchingegno, pensoò di costruire parecchi acquari e di tenerli tutti insieme uno accanto all’altro, in una casetta vicino al mare, lasciandoli a disposizione di altri biologi marini.
Fu cosi che nacque l’idea di dar vita ad un acquario pubblico come parte integrante della Stazione Zoologica, centro di ricerca sulla biologia marina.
Data la particolare ubicazione dell’edificio sulla costa, per la progettazione fu dato l’incarico ad un ingegnere inglese, Alford Lloyd, che per l’acquario di Napoli, scelse un sistema di circolazione che permette di pompare nei serbatoi, nuova acqua di mare, grazie all’ausilio di due grossi bacini posti nel sottosuolo. L’acqua viene pompata nelle vasche e da queste ritorna poi ai bacini. Durante il percorso circa 1/3 dell’acqua viene sostituito prima di essere messa in circolazione.
Le vasche d’esposizione, la cui capacità varia da 250 a 69.000 litri, sono allestite con pietre vulcaniche naturali e gli animali esposti provengono tutti dal Golfo di Napoli che, nonostante l’incidenza dell’inquinamento, è ancora una delle aree più ricche di forme viventi.
La vasca delle Gorgonie vero e proprio giardino fiorito, o quella degli Astroides, che, grazie al frullato che quotidianamente viene loro somministrato, espandono i polipi, regalano spettacoli di rara bellezza. Anfore romane, nelle quali si nascondono murene e gronghi infastiditi dalla luce, mummarelle napoletane con Spirographis, sottolineano l’unicità di questo acquario.
L’Acquario della Stazione Zoologica di Napoli non è solo un luogo da visitare per vedere un pezzo di storia o per ammirare animali marini più o meno rari in una gabbia di vetro.
Esso è vivificato e reso attuale da una serie di attività che lo hanno messo al passo con gli Acquari più moderni del mondo. Programmi educativi in favore del pubblico, degli studenti, degli insegnanti, interventi scientifici e di sensibilizzazione, programmi di conservazione per specie in rarefazione e protette.
Le attività strettamente legate alla gestione dell’Acquario sono molteplici; tra cui la scelta dei criteri espositivi, il mantenimento e la cura degli animali, la profilassi contro le malattie, acclimatazione e quarantena degli organismi in arrivo. L’obiettivo è quello di mantenere in vita gli animali più a lungo possibile per non prelevare troppo dall’ambiente naturale.
L’Acquario inoltre, collabora con la Capitaneria di Porto, la Guardia Costiera e il Corpo Forestale dello Stato, garantendo l’accoglienza temporanea per gli animali sequestrati o assistendo in caso di emergenza su animali marini, come le catture accidentali di cetacei, squali e tartarughe marine.
Parallelamente al recupero e alla riabilitazione degli esemplari rinvenuti in difficoltà, la struttura è attivamente impegnata nello studio delle tartarughe marine. Vengono presi in esame aspetti diversi della biologia, ecologia e fisiologia di questi rettili, avvalendosi della più sofisticata tecnologia attualmente disponibile. L’obiettivo generale è di promuovere la conservazione di queste specie a rischio d’estinzione definendone il ruolo nell’ecosistema e chiarendo alcuni aspetti ancora criptici della loro biologia.
Tali attività di ricerca sono valse all’Area di Acquariologia la citazione sul documento “Turning the Tide. A Global Aquarium Strategy for Conservation and Sustainability” della World Association of Zoo and Aquariums.
( Nel video realizzato dalla nostra redazione, sono presenti foto di Emanuele di Cesare)