Oltre il danno la beffa, è proprio il caso di dirlo quando si parla di Zineb El Rhazoui.
Zineb El Rhazoui. è la fortunata vincitrice, ironicamente parlando, della ” ruota della morte”. Scampata per un puro caso del destino, alla strage del 7 Gennaio, compiuta nella redazione di Charlie Hebdo, si vede costretta ad affrontare ogni giorno, ostacoli e pericoli sempre più insidiosi.
Zineb entra a far parte della redazione di Hebdo nel 2011, ma al suo attivo ha precedenti di giornalismo di tutto rispetto:
Reporter di guerra 2008-2009 a Gaza; conduce molte indagini sulle libertà individuali e dei diritti umani in Marocco (per colpa delle quali verrà più volte arrestata); co fonda con Ibtisam Lachgar il Movimento Alternativo per le Libertà Individuali (MALI); partecipa al Movimento 20 febbraio; presenzia ad una riunione plenaria del EELV del Marocco, attraverso il suo intervento contro Driss el-Yazami, consigliere del Re.
Costretta a trovare rifugio in Slovenia nel 2010, si trasferisce dopo poco in Francia e diventa portavoce di Né puttane, né sottomesse, movimento femminista francese, fondato nel 2003 da Fadela Amara.
Sociologa delle religioni, di religione islamica, a nel settimanale satirico Charlie Hebdo, proprio sul tema della religione.
Sfuggita alla sparatoria del collabora attivamente al cosiddetto “numero dei sopravvissuti” di Charlie Hebdo, pubblicato in una tiratura record il mercoledì successivo, con una delle sue puntuali analisi.
Da quel momento in poi, subisce le conseguenze emotive e materiali del terribile attentato. Messa sotto protezione dalla polizia francese, Zineb non sfugge tuttavia, alle minacce di morte nei suoi confronti, da parte dell’Isis. A metà febbraio, infatti, sui social media compare un annuncio con l’hashtag (tradotto qui dall’arabo) #BisognaUccidereZinebElRhazouiPerVendicareIlProfeta.
In poche ore migliaia di tweet e re-tweet con il terribile hashtag fanno la loro comparsa sul web 2.0, accompagnati da mani che impugnano coltelli, foto di Jihadi John che brandisce il suo, prima di uno sgozzamento, immagini dei fratelli Kouachi e di Koulibali.
La campagna e l’aggressione mediatica di quelle ore sono tremende e per giunta inattese. E’ la prima volta che lo Stato Islamico mette così duramente sotto attacco una donna e per giunta, di origine musulmana.
Un attacco personale terribile alla donna che, solo qualche giorno prima, aveva dichiarato che l’Islam doveva trovare il suo posto in una società secolarizzata e scoprire un po’ di senso dell’umorismo
Appare ovvio, che la vita della giornalista, si trasforma in un incubo.
Ma facciamo un passo indietro, perchè abbiamo detto, oltre il danno, la beffa?
E’ di poche ore la notizia, che la giornalista ha ricevuto una lettera dalla direzione di Charlie Hebdo, che l’ha convocata per un colloquio preliminare ad un licenziamento per colpa grave.
Le motivazioni non sono chiare, ufficialmente sembrerebbero collegate alla mancanza di produttività della giornalista che si difende così: “Sono scioccata e scandalizzata per il fatto che una direzione che gode di tanto sostegno dopo gli attentati sostenga così poco una sua dipendente, sotto pressione come tutti gli altri in redazione e oggetto di minacce”.
La giornalista spiega che non ha potuto lavorare normalmente da gennaio: “Non sono l’unica. Non si può imputare alle persone di stare male e di non comportarsi come bravi operai quando si vive in condizioni caotiche. È impossibile fare reportage sotto protezione della polizia“, spiega ancora El Rhazoui sottolineando che si tratta “di una misura punitiva” per aver contestato il vertice attuale di Charlie Hebdo. In un articolo pubblicato su “Le Monde”, infatti, con altri colleghi, chiedeva una “rifondazione” del giornale, della governance e della struttura del capitale per rendere il vertice più collegiale. Attualmente il capitale del giornale satirico è controllato al 60% dal direttore della pubblicazione Riss e dal direttore finanziario Eric Portheault.
Il cronista di Charlie, Patrick Pelloux, il medico che è stato uno dei primi a recarsi nella redazione dopo gli attentati del 7 Gennaio, si dice infuriato per la lettera inviata a El Rhazoui: “Stiamo tutti gestendo il dopo attentato. Convocare membri della redazione che ancora subiscono sofferenze incredibili è cattivo e sleale. Ricevere dei premi per la libertà di espressione e convocare dei giornalisti minacciati è paradossale”.