Napoli, oggi, ha vissuto attimi di concitata e pura follia omicida.
Morti, sangue, spari. Orrore e terrore che copulano a cielo aperto.
La notte scorsa, però, poteva consegnare un’altra e parimenti assurda tragedia. E il fatto che non ci sia scappato il morto non può e non deve rappresentare lo sterile alibi dell’attenuante generale sulla quale consentire, a chi ha una copiosa fetta di responsabilità e doveri a riguardo, di adagiare la propria coscienza per permetterle di dormire sogni tranquilli.
I raid vandalici che si consumano lungo le strade “calde” della città, ai danni dei bus dell’Anm, sono storia nota e notoriamente impunita, ma, stanotte, è stato sparato “il colpo di non ritorno”.
Erano trascorse da poco le 22 quando a Via Janfolla, un’autista alla guida di un bus di linea è stata raggiunta da un proiettile.
Già, nei pressi di una fermata era appostato un cecchino pronto a sparare contro la vettura, proprio all’altezza del vetro del conducente.
Il proiettile si conficca nel vetro, rimbalza e tocca la gamba della donna, procurandole solo un violaceo ematoma, stimato guaribile in 24 ore.
La donne racconta una dinamica inverosimile: stava costeggiando una fermata senza passeggeri, quindi il mezzo non decelera e poco dopo averla superata, avverte un forte dolore alla gamba, così parcheggia il bus, – sul quale viaggiavano anche alcuni passeggeri – ed è in quel momento che comprende cosa è accaduto.
L’autista non ha avuto modo di vedere da chi e da dove sia partito lo sparo, ma di una cosa è certa: il colpo era mirato all’autista.
La donna non ha dubbi e le immagini che documentano la sua sventura lo comprovano.
Probabilmente, se avesse effettuato quella fermata, oggi, staremmo piangendo un’ulteriore morte.
Invece, questa donna, mentre era nel solo e semplice esercizio della sua mansione lavorativa, ha schivato fortuitamente la morte, rimediando solo un livido, giudicato guaribile in un giorno dal medico del pronto soccorso che l’ha visitata, tant’è vero che domani ritornerà a lavorare. Tornerà a sedersi al volante del suo autobus, tornerà sul luogo del suo “mancato delitto”, ma con quale stato d’animo?
Paura?
Questa è la conclusione alla quale siamo naturalmente più propensi a giungere.
Invece no.
“Rabbia”.
Questo è il sentimento dominante che sovrasta e devasta la serenità di questa donna, da ormai 24 ore.
Un urlo muto di rabbia che rivendica il diritto di essere ascoltato, per ribadire, ancora una volta, un concetto ancor più lecito, in virtù dell’episodio maturato: perché dobbiamo aspettare che ci scappi il morto per poi intervenire, piuttosto che correre ai ripari “prima”?