Nella cultura gastronomica meridionale la CUCCIA rappresenta una pietanza molto diffusa le cui origini, storia, leggenda, ingredienti e preparazione, cambiano a seconda della Regione, città o anche paese, in cui viene preparata.
L’unico elemento in comune è l’ingrediente di base: il grano.
Lo stesso nome, Cuccia, è ancora oggi argomento di discussione su quale sia l’origine e l’etimologia esatta. Tra le varie ipotesi, la più accreditata e volendo anche la più comoda, lo farebbe derivare dal termine siciliano “cocciu” (granello), ovviamente riferito ai granelli di frumento.
LA CUCCIA IN SICILIA
Santa Lucia ed i rituali ad essa dedicati, in gran parte pagani, sono legati alla tradizionale preparazione della Cuccia.
Anche sull’origine di questa tradizione non c’è, come al solito, unità di vedute. Una delle leggende più accreditate narra di una grave carestia che colpì l’isola e in particolare la città di Siracusa (ma altri dicono Palermo) nel XVII secolo. Proprio il 13 dicembre, giorno della Santa molto venerata in Sicilia (a Siracusa è addirittura patrona della città) una nave carica di grano sarebbe arrivata in porto assicurando la salvezza alla popolazione che, troppo affamata, non avrebbe atteso di macinare il grano per avere pane, ma avrebbe lessato i chicchi per nutrire una pancia e un corpo troppo provati.
La popolazione decise all’unisono che da allora in poi si mangiasse, ogni anno in quel giorno, solo cuccìa, legumi o altri cereali di piccole dimensioni (riso nella forma dell’arancina). Il 13 dicembre dunque è bandito il consumo del cereale elaborato, niente pasta, niente pane.
In origine la cuccia, era una zuppa salata in cui secondo una simbologia legata alla Santa si univano anche alcuni legumi: Lucia, martire a cui vennero cavati gli occhi, veniva commemorata in un atto di cannibalismo religioso mangiando le pupille (le lenticchie), l’iride (il grano) e la sclera (il cece).
Ma gli anni passano, i gusti si evolvono e i cibi festivi e rituali hanno la tendenza a diventare sempre più ricchi.
In Sicilia ormai la cuccia è diventato un delizioso dolce pre-natalizio, dove al grano vengono aggiunti ricotta fresca, zucchero, cioccolato fondente, zuccata, arancia candita, latte e vaniglia.
La tradizione vuole che questo dolce sia distribuito a familiari, amici e vicini di casa, mentre le briciole si dovrebbero lasciare sui tetti per sfamare gli uccellini.
LA CUCCIA IN CALABRIA
La cuccìa è un piatto tipico della provincia cosentina, a base di grano bollito, carne di capra e/o di maiale e spezie. Viene preparato tradizionalmente nei comuni della fascia presilana della provincia di Cosenza.
La preparazione del piatto richiede circa 3 giorni e passa attraverso diverse fasi: la pulizia del grano, la successiva macerazione, la bollitura e la cottura nel tradizionale forno a legna. Per la preparazione si usa un contenitore tradizionale in terracotta che prende il nome di Tinìellù.
I primi accenni relativi a questa antica tradizione sono stati scritti da Vincenzo Padula, prete poeta di Acri.
Attualmente non ci sono certezze sull’origine. Per assonanza e somiglianza un’ipotesi è quella della derivazione dal cous cous, il tipico piatto arabo e saraceno.
Per tale ragione il piatto risalirebbe alle origini dei casali presilani, quando i saraceni invasero Cosenza. Degno di nota è la particolarità dell’aggiunta di carne di maiale a quella della capra (della tradizione saracena) che sembra come l’appropriarsi di una pietanza per negarla a chi è di religione musulmana e ritiene il maiale un animale impuro.
Viene preparato principalmente in ricorrenza delle festività patronali e d’estate, come il 15 agosto, giorno in cui si celebra la “Festa della Madonna Assunta“.
LA CUCCIA NEL CILENTO
Basta andare un po’ indietro con la memoria per ricordare tutte quelle manifestazioni folcloristiche perse negli anni.
Eventi e feste di quei bambini oggi genitori e di quei genitori oggi nonni, organizzate in primavera ed estate per allietare le giornate nei piccoli paesi del Cilento.
L’elenco è lunghissimo. Come sono tantissime le tradizioni perse per fare spazio alla modernità.
Una di queste, è quella del primo Maggio legata alla preparazione della cuccia.
Per anni ogni primo maggio, gruppi di ragazzini e bambini, si svegliavano all’alba e andavano di casa in casa a chiedere legumi di ogni tipo. Un atavico rimando alle semplici forme di solidarietà e partecipazione collettiva in cui si coglievano occasioni come queste per festeggiare insieme ringraziando le divinità e pregandole per un abbondante raccolto.
Chiaramente alle donne era affidato il compito di cucinarli.
Venivano cotti separatamente per poi essere preparati tutti insieme. Decine di legumi diversi in una grande caldaia, conditi con olio e sale. Poi la sera nella piazza del paese i paesani ne prendevano una porzione come augurio di prosperità e abbondanza dei raccolti.
La cuccìa, in alcuni paesi del Cilento, viene anche chiamata cecciata o cicci maritati.