Clamore, sdegno, sgomento, incredulità, indignazione, avvolti in un velo di distaccata indifferenza. Questo è quanto ha contornato, nel corso dei giorni scorsi, l’episodio avvenuto nel cuore della movida di Piazza Bellini.
Non è la prima volta che qualcuno finisce in ospedale, sopraffatto dalla violenta, pretenziosa e soprattutto folle angheria altrui, lungo le vie più gettonate della Napoli by night.
Stavolta, ad avere la peggio, sono “persone come me”, persone che, di notte, lavorano e che hanno subito un pestaggio semplicemente per aver rivendicato il diritto di farsi pagare il conto da avventori poco propensi a mettere le mani nel portafoglio e ben più avvezzi ad utilizzarle per sferrare colpi.
Poi, giunge il week-end, la notizia viene accantonata, l’attenzione generale tende a scemare, a prendere il sopravvento è la voglia di divertirsi, senza prendersi sul serio, senza pensare “alle cose serie”, allontanando i fantasmi del pericolo, per addentrarsi nei meandri della “famigerata movida”.
E nulla cambia, in sostanza. Tutto torna come prima.
Piazza Bellini, a mio avviso, rappresenta una sorta di riproduzione in miniatura del “sistema” che troneggia sull’intera città.
Di sicuro, la movida del centro storico si differenzia sotto molti aspetti da quella di Chiaia: la permanenza degli avventori in piazza e tra i vicoli è più lunga rispetto a quella che si consuma qui, i prezzi dei drink sono più bassi e, di per sé, questi due aspetti già aprono il varco ad uno scenario ben più minaccioso.
È facilmente prevedibile che nelle ore “calde” della notte e in giorni particolari possano verificarsi episodi analoghi, probabilmente basterebbe anche solo la presenza fisica e visibile di un uomo in divisa per dissuadere i malintenzionati.
Il fatto che l’alcool venga spesso servito anche ai minorenni, di certo, “spiega” perché, troppo spesso, basti uno spintone per innescare una rissa.
In verità, sarò sincero, nell’aggressione ai danni dei proprietari del bar arabo, rilevo una marcata impronta razzista. Per quanto eccessivo possa risultare a qualcuno, credo che quei balordi si siano rifiutati di pagare il conto per rivendicare il loro “senso d’appartenenza” a questa terra, non riconoscendo alcun diritto né autorità a degli esercenti onesti, solo perché esibivano una pelle di colore diverso, perché non sono nati nel nostro Paese, perché sono “ospiti in casa nostra”. D’altro canto, di episodi razzisti ed omofobi, nell’ambito della movida del centro storico, nel corso degli anni, se ne sono verificati un bel po’.
Mi ritengo fortunato per il fatto che non è mai capitata a me una simile sventura, in parte perché, nella zona di San Pasquale a Chiaia ci sono cresciuto e qui mi conoscono tutti, ma soprattutto perché tra noi operatori del settore si è sviluppato e consolidato un forte spirito collaborativo. Al cospetto di problemi di questo genere, si cerca di far gruppo, con l’intento di risolverli pacificamente, cercando il dialogo e non l’innesco della scintilla utile a generare la rissa.
Insieme a me lavorano tre ragazze ed, ovviamente, la sento tutta la responsabilità che ne deriva, l’esperienza aiuta a capire chi hai di fronte e come agire e gestire ogni situazione, tuttavia, di riflesso, in virtù di questo stato di cose, mi ritrovo a lavorare a braccetto con un’ansia che potrebbe essere facilmente accantonata, insieme al prevedibile stress di cui è generatrice.
Di certo non spetta ad un barman né ai proprietari dei locali individuare la soluzione più opportuna al problema.
Posso solo dire che gli operatori del settore che lavorano durante le ore notturne hanno gli stessi diritti di quelli che lavorano di giorno e meritano, al pari di questi ultimi, di vedersi tutelati ed essere messi in condizione di svolgere le proprie mansioni serenamente e senza preoccupazioni ed allarmismi, così come dovrebbe sempre essere.
Le nostre non sono “vite di serie b” e per far sì che ci venga accordata questa legittima condizione è doveroso auspicare che siano incrementati i controlli da parte delle forze dell’ordine.
E non mi riferisco alle pattuglie che staticamente sonnacchiano agli angoli delle strade, pronte ad attivarsi solo in seguito all’insorgenza di episodi spiacevoli: c’è bisogno della presenza fisica e tangibile degli uomini in divisa tra i fiumi di avventori che animano le strade della movida partenopea.
Questo, probabilmente, potrebbe fungere da condizione necessaria e sufficiente per consegnare a chi lavora e a chi vuole sinceramente divertirsi, una “Napoli by night” più degna di essere vissuta e raccontata.