La violenza, un dei più subdoli mezzi, ai quali sempre più spesso si ricorre per imporre la propria autorità. Che sia in casa o in palestra, a lavoro o in un bar, questa crudele fiera, che circola sotto la quasi eufemistica etichetta di ”violenza”, continua a mietere vittime sempre più giovani, abituate a dare al mondo lo scarlatto colore del sangue.
Avrebbe compiuto 16 anni tra nove giorni Maycol Catizone, che lo scorso 1 maggio è stato ucciso a coltellate, a seguito di una lite, scoppiata all’esterno di un bar a Isola Capo Rizzuto, nel Crotonese. Artefice di tale feroce delitto Carmine Pullano, di 31 anni, già noto alle Forze dell’Ordine.
Teatro del drammatico episodio una piazza del centro crotonese, all’esterno del bar-sala giochi Romania Style, dove sarebbe scoppiata la lite tra il giovane Catizone, che si trovava nel bar in compagnia dei suoi amici, e Pullano. Insulti che sarebbero degenerati nella rissa, svoltasi poi all’esterno del locale. Nello scontro sarebbe comparso il coltello, brandito, come testimoniano le registrazioni della videosorveglianza, da Pullano, il quale avrebbe ferito in modo lieve due giovani e ucciso Maycol Catizone, con due lesioni mortali all’altezza del petto e del fianco. Il sedicenne sarebbe spirato durante il tragitto in ospedale. Il trentunenne, dileguatosi al momento dell’omicidio, sarebbe stato individuato dai Carabinieri di Isola Capo Rizzuto, della Compagnia di Crotone e del Comando provinciale, intervenuti sul posto, che hanno ascoltato le testimonianze dei presenti e passato in rassegna gli elementi registrati dalla videosorveglianza. Pullano sarebbe stato trovato dai Carabinieri nascosto sotto una pila di materassi presso un appartamento di famiglia, usato durante l’estate.
”Non volevo ammazzare nessuno, con quel coltellino non capisco come sia stato possibile”, queste le parole con cui il trentunenne, condotto nel carcere di Catanzaro, avrebbe tentato di giustificare il suo gesto; un atto che ha stroncato la breve vita di un ragazzo di appena 16 anni.
Il volto di Maycol, vittima dell’irrefrenabile impeto della violenza, si disegna fatalmente sul volti di molti altri, giovani o adulti che siano, temerari guerrieri di futili conflitti.
E’ accaduto a Roma, nella notte tra lo scorso 30 aprile e 1 maggio. Verso le 01.30, sarebbe scoppiata una rissa tra una ventina di giovani, appartenenti a due gruppi rivali, all’esterno di una discoteca in zona Ruderi di Torrenova. La lite si sarebbe sciolta all’intervento dei Carabinieri, sopraggiunti con tre pattuglie.
Dopo qualche ora due dei ragazzi che avevano preso parte alla rissa, sarebbero stati ricoverati per ferite da arma da fuoco; il primo, di 18 anni, sarebbe giunto alle 03.30 circa presso il Policlinico Casilino, ferito a una spalla; il secondo, di 14 anni, sarebbe stato ricoverato alle 04.30 presso il Policlinico di Tor Vergata, anch’egli ferito alla spalla. Entrambi avrebbero raccontato di aver subito un’aggressione da parte di due centauri che avrebbero aggredito il primo, mentre viaggiava nella sua auto con altri amici e il secondo, dopo averlo seguito in scooter.
Dopo avere ascoltato le testimonianza delle due giovani vittime, gli investigatori avrebbero disposto la sorveglianza di entrambi gli ospedali, cercando al contempo di fare luce sull’accaduto.
Nel giro di poche ore un giovane ragazzo, Maycol Catizone, ha perso la vita e diversi altri hanno rischiato di perderla. Troppo spesso circolano da bocca a bocca tristi storie su morti precoci ed esistenze compromesse, sin dai primi passi, a causa della violenza. Che sia psicologica o fisica, essa, che esercita il suo crudele fascino sui più deboli, ha come unica meta la distruzione.