Inaugurazione dell’Esposizione Universale di Milano, day after: i milanesi che ripuliscono le strade dopo la guerriglia urbana tra poliziotti e black bloc.
Il movimento no expo intanto si incontra in piazza XXV Aprile nei pressi di Eataly per continuare la protesta “gioiosamente arrabbiata” , come definita dal portavoce del movimento Luca Trada.
“Expo: cemento, debito e precarietà”, questo era lo striscione che apriva il corteo pacifico che ieri sfilava per le strade di Milano e riassume bene i motivi della protesta del movimento no expo:
Cemento perchè i padiglioni dei 145 Paesi di tutto il mondo che partecipano all’ Esposizione Universale occupano circa 110 ettari alla periferia Nord Ovest di Milano e costruirli ha implicato danneggiare l’ambiente per adattarlo alle esigenze di costruzione.
Debito perchè i membri del movimento no expo sono convinti che l’Italia non trarrà alcun vantaggio economico in termini di occupazione, di turismo o di immagine all’estero ma, al contrario, ritengono che i soldi pubblici spesi per l’Expo e le entrate andranno a beneficio solo degli organizzatori e delle multinazionali che lo sponsorizzano.
Precarietà perchè, a fronte degli oltre 70000 posti di lavoro promessi nell’ambito di Expo, migliaia di giovani saranno sottopagati nella migliore delle ipotesi o lavoreranno alla stregua di volontari nella peggiore.
C’è poi un’ulteriore fondamentale critica al tema fondamentale di Expo 2015 Nutrire il Pianeta, energie per la vita: all’Esposizione Universale, supportata da marchi quale Coca Cola e Mc Donald’s, di certo non verranno affrontate tematiche, qual:i le politiche economiche delle multinazionali agro-alimentari, il problema degli OGM, delle monoculture e di tutte quelle strategie commerciali che di fatto affamano e sono responsabili del sottosviluppo di 3/4 del Pianeta.
Alcune di queste idee sono condivisibili, quindi, dissentire è legittimo, protestare è doveroso, in un Paese come l’Italia libero o presunto tale. Il problema in Italia è che, se esistono mille maniere diverse di fare una cosa, si può stare pur certi che si sceglie quella sbagliata.
Nei giorni precedenti all’inagurazione dell’Expo erano circa 300 gli attivisti del movimento no expo accampati nel parco di Trenno e nessuno si è lasciato almeno intervistare dai giornalisti che volevano capire meglio la loro posizione e dare anche voce alla loro protesta.
Salvo poi dichiarare su internet, dopo gli scontri dei black bloc con la polizia, che alla stampa nazionale fa comodo associarli al movimento no expo e attribuirgli le colpe della devastazione di Milano.
Purtroppo, nonostante le chiare intenzioni di questo gruppo di lavoratori precari, studenti, membri dei sindacati e quant’altro, c’è da chiedersi quanti di loro siano realmente interessati a proporre davvero un Alter Expo e quanti siano quelli che vanno a esprimere la loro insofferenza verso la società protestando con le scarpe Nike ai piedi o mangiando un panino del Mc Donald’s.
Protestare senza avere un’idea alternativa da proporre è sterile e inutile, protestare senza avere alcuna idea è ancora peggio e può portare agli estremismi che si sono visti ieri.
Purtroppo, altro sport nazionale italiano è generalizzare, fare di tutta l’erba un fascio: da ieri, tutti quelli che sono ideologicamente contrari all’Expo fanno parte dei black bloc e sono dei potenziali assassini.
E’ un peccato che, a causa di persone violente che sfogano il proprio disagio rompendo vetrine e macchine di onesti cittadini, si applichi questa falsa etichetta a tutti coloro che sono contrari all’Expo, attivisti e non.
Tuttavia, se nessuno del movimento deciderà di metterci la faccia, ma lascerà parlare con i giornalisti persone come quel ragazzo che dichiarava che era giusto “fare bordello” e spaccare tutto ciò che capita a tiro per protesta, i membri del movimento no expo continueranno ad essere visti come delinquenti e basta.
Purtroppo, l’idea dell’opinione pubblica si divide tra chi crede che in Italia siamo capaci di protestare comodamente seduti dietro ad un computer a colpi di post e tweet e chi pretende di affermare le proprie idee con violenza e a volto coperto.
La sfida è dimostrare nei prossimi 6 mesi di durata dell’Expo che non è questa la realtà.