Il titolare di un bar di Mazara del Vallo, nel trapanese, è stato condannato a quattro anni e sei mesi di carcere dal tribunale di Marsala per violenza sessuale ai danni di tre sue giovani dipendenti.
La pena inflitta all’imputato (a presiedere il collegio giudicante è stato Gioacchino Natoli) è stata più severa di quella invocata dallo stesso pubblico ministero, che aveva chiesto 4 anni.
Relativi al 2012 i fatti contestati. Emerge che il barista avrebbe molestato, tentando di abusarne sessualmente, le ragazze che lavoravano nel suo esercizio. L’imputato è stato, inoltre, condannato al pagamento in favore delle parti civili di un risarcimento danni “provvisionale” (in attesa dell’eventuale giudizio civile) di 4 mila euro. Ed inoltre all’interdizione, per cinque anni, dai pubblici uffici, nonché al pagamento delle spese processuali.
Un’altra prospettiva del fenomeno di violenza, questo. Episodi di violenza fisica, psicologica ed economica vengono rilevati infatti anche nei posti di lavoro.
Negli ultimi tre anni, sono stati dichiarati 347mi1a casi di molestie: in particolare donne con più di 35 anni, con alto titolo di studio, per lo più nei settori dei trasporti, delle comunicazioni e della pubblica amministrazione. Le molestie e i ricatti hanno riguardato molte generazioni nel tempo, ma si sa, non sempre per svariati motivi, si opta per una denuncia.
Tassi di occupazione inferiori, precarietà, difficoltà di carriera sono tutti elementi che producono ulteriore vulnerabilità anche per le donne. Basti pensare, che il ricatto stesso è una forma di molestia, quando si richiedono favori sessuali in cambio di un assunzione.
La richiesta di disponibilità sessuale in cambio di assunzioni rappresenta il 19% dei casi di violenza, progressioni di carriera o mantenimento del posto di lavoro il 43%. La maggior parte di donne esprime difficoltà a rompere il silenzio e denunciare il ricatto/molestia subiti; le ragioni sono riconducibili ad una scarsa fiducia nella denuncia e nell’avere «prove sufficienti» per poter andare fino in fondo; altre ragioni riguardano il sentimento di vergogna e di auto-colpevolizzazione.
Inoltre la molestia viene vissuta in solitudine: 1’81,7% di donne non ne parla con nessuno. L’esito molto spesso è l’abbandono del luogo di lavoro, anche se la crisi degli ultimi anni riduce, ovviamente, questa possibilità.