Nel nome del calcio, sotto le distorte e più incolte forme che la violenza imprime a questo sport, denudandolo e saccheggiandolo della sua essenza più dignitosa e civile, si è consumata un’altra domenica sporca di sangue.
Il palcoscenico del bellicoso ed indecoroso spettacolo è Torino. Il derby della Mole consegna una delle pagine più tristi e cruente della storia di quello che, oggi, si fa fatica a definire uno “sport”.
Tifosi come guerriglieri, stadi che si tramutano in trincee e gli sfottò, quelli coloriti, sì, ma meramente confacenti e circoscritti al contesto calcistico, si tramutano in “fatti” che esulano dalla “genuina rivalità che intercorre tra tifoserie avversarie” per lasciare che a dominare la scena sia l’odio.
Illogico, feroce, devastante, quello cieco, alacre e che non vuol sentire ragioni, perché non conosce ragioni e non ha ragioni d’esistere. Quello irradiato dal livore di vedere “il nemico sopraffatto dalla propria egemonia”, un desiderio di conquista che devasta e sovrasta la più consona e decorosa accezione di senso accostabile alla parola e al sentimento “calcio”, animato e galvanizzato dall’urlo di battaglia e non dal coro: “I più forti siamo noi!”
Tensioni e scontri iniziati –ancora una volta – prima del derby di Torino e che durante la partita hanno raggiunto l’apoteosi della loro inconsulta e folle ferocia.
Prima della partita i tifosi del Torino hanno preso d’assalto il pullman della Juventus. Quando il bus è giunto nei pressi dello stadio Olimpico è stato circondato dagli ultras granata. Il lancio di uova, sassi e bottiglie ha sortito qualche ammaccatura e soprattutto la rottura di un vetro, quello esterno (il pullman è munito di doppi vetri): nessuna conseguenza per i giocatori bianconeri.
L’episodio più grave è avvenuto poi all’interno dello stadio Olimpico durante il primo tempo del derby, quando è esplosa una bomba carta lanciata dal settore occupato dai tifosi della Juventus verso la curva Primavera granata: ferite otto persone, che sono state ricoverate all’ospedale Le Molinette. Tra le due tifoserie si è verificato anche uno scambio di fumogeni e petardi. Un’altra bomba carta è stata lanciata, dopo la fine della partita, dal settore occupato dai tifosi bianconeri contro la curva Primavera dove restano alcune centinaia di tifosi granata: altri tre feriti, per fortuna non gravi. Gli steward invitano i sostenitori del Torino a lasciare lo stadio, poi saranno le forze dell’ordine a scortare i tifosi juventini fuori dall’Olimpico. La Digos ha già identificato diverse persone e sta valutando la loro posizione.
No, non è “il riscatto di Napoli” conseguito attraverso la “disfatta di Torino”.
È “la sconfitta del calcio”.
Questo almeno è quanto le menti e i cuori realmente e sinceramente innamorati di questo sport sapranno individuare nell’ennesima e riprovevole domenica di sangue, impropriamente sgorgato nel nome del calcio.
A quelle menti e a quei cuori incapaci di “esultare” al cospetto delle “scene della vergogna” confezionate sugli spalti, a prescindere dalla collocazione geografica dello stadio erto ad increscioso teatro di violenza, nel rilevare l’esasperante e degenerante tracollo che il mondo sportivo continua a subire, violentando i valori sani e distensivi più meritevoli di sedere sulle gradinate degli stadi, spingendo così “il nostro amato calcio” alla deriva che sfocia nell’autodistruzione, non solo dello sport, ma dell’umanità, a loro risulta chiaro che l’odio, quell’odio fin troppo abile a nascondersi dietro l’alibi sterile dei colori di una passione, deve essere “curato”.
Per il bene di questo sport, ma, ancor più, per il buon seguito dell’evoluzione del genere umano, affinché non si tramuti in una “razza”.