A quell’odioso lavoro, a quell’orribile negozio. La sveglia che urla, gli occhi che si schiudono e la mente che, parzialmente, si desta. La mano infastidita soffoca il suono stridulo del tamburo mattutino esclamando “E comm’ t’ schif’”. Un pensiero che dà il là ad un’altra giornata di duro lavoro da “commessa”. Lei che si rigira nel letto, dal lato opposto di quell’orribile marchingegno che scandisce il tempo del dovere, come se così potesse ingannare la realtà e restare tra le braccia del suo letto. E invece no! Arriva anche mamma che con il suo tenero “Wè, scetet’” fa la sua entrata.
Avvolta dalla penombra mattutina la genitrice appare nella sua candida camiciola da notte bianca, dalla quale traspare l’altrettanto candido capo intimo. Struscia, struscia a bordo della sua fidata amica “paposcia” e giunge alla finestra. Il suo peso si distribuisce, più o meno equamente, sulla corda della persiana e in men che non si dica, la luce è riportata nella tana. Un tuono scandisce l’azione “Susset’ ca s’è fatt’ tard’”.
Una tattica di routine che puntualmente si conclude con un nulla di fatto. La stizzosa chiusura della porta sulle note “E tutt’ e matin’ facimmm’ chest’, puozz’ sta ‘bbon’” fa calare il sipario sulla scena prima, atto secondo, del teatrino Madre-Figlia.
Ma il vociferare di mamma’ continua e supera i confini della fisica filtrando tra le granella di cemento di cui sono composte le mura. Un “bla, bla, bla” continuo che come un attacco di acufene fischia stizzoso nelle orecchie della bella, quasi, addormentata. Per quanti sforzi tenti di fare, la realtà è però lì, accanto a lei, ed ha preso prepotentemente il sopravvento. Ed ecco che “a’ bell’” si leva. E’ la forza di quell’ “Uff“, intenso e profondo, che solleva il corpo ancora intorpidito dal sonno, dall’amabile calma.
Poi un pensiero prende corpo nella mente ed un ghigno di gioia appare sulle corpose labbra della signorina. Un euforia che deve, però, trovare conferma, prima di esplodere in tutta la sua interezza. Afferra il telefonino, consulta il calendario e ”Olè, ogg’ è o riec’ e agost’”. Come un calcolatore impazzito la mente elabora il dato, et voilà, conti son fatti; “Uà, tra tre juorn’ aggia partì!”.
Una conferma che consegna un nuovo senso alla giornata e all’ esistenza intera. Mentre di fretta compone l’outfit che può rinunciare all’amato, Insostituibile, Immancabile, Imprescindibile “LEGGINZ”. Un capo per tutte le donne, di tutte le età, per tutte le stagioni. E la giornata della gioiosa consapevolezza è speciale e merita di essere “vissuta e vestita” alla grande. Oggi tocca a lui, il nuovo arrivato, il bello di mamma. Una pioggia di microstrassini, effetto aurora boreale, costeggiano la fiancata del capo, una specie di segnalatore visivo per autisti distratti. La soddisfazione per l’acquisto e racchiusa tutta in quel “Wuà! E chist’ m’ l’aggia purtà a Sciarm!”.
E poi via, maglietta, borz’, trucco e tuppo verso il terzultimo giorno di lavoro. La porta di casa sbatte e chiude dentro anche mamma che continua a cantare la solita litania “Comm’ aggia fa cu chest’? Nun c’ha facc’ cchiù! Foss’ na vot’, una, ca t’ ress’ na man’ e aiuto’! Fuje solamente’”.
Le otto ore di dovere saranno vissute all’insegna dell’indifferenza di volti e voci, anche quella del barista, vicino di lavoro. Quel suo “Wuà, comm’ staje tost’ stammatin”, all’ora del caffè mattutino, non sortirà il gratificante effetto desiderato. La giornata e le ultime due che ne seguiranno, avranno un unico motto “adda passà! Adda venì o quattordici’!”.
Sull’uscio del camerino, braccia conserte, sguardo assente e labbra allungate verso la meta estiva. Una posa dalla quale, la commessa e la collega, compagna dell’avventura che sarà, non si scompongono nemmeno quando la cliente, malcapitata di turno, invocherà aiuto per la cerniera che non si chiude e i laccetti che, gioco forza, non riesce ad annodare. Un solo suono le riporta sul pianeta lavoro. La voce della cliente affezionata che entrando esclama “Ma ancor’ ca stat’!? Nun partit’ ‘cchiù?”. Le due donzelle, come in un acuto dell’antoniano, freddano l’amabile signora “Wwwwwwwwwwwue, ma che dicit’??????? E quattordic’ tenimm’ l’aereo”. La soddisfazione della risposta, riempie di orgoglio le due future viaggiatrici che non si trattengono e incalzano “Jamme a sharm e sceic”. E arriva scontato ed invidioso quel “Ma là nun è pericolos’?”. La replica non si fa attendere “ Nooo signora!!!! Nuje mica jamme all’eggitt!!! Là sta a’ guerr’. Nuje jamme a sciarm!”