Rione Traiano – Nella notte tra il 4 e il 5 settembre 2014, Davide Bifolco, un ragazzo di 16 anni, – ne avrebbe compiuti 17 il 29 settembre – viene ucciso da un colpo di pistola sparato da un carabiniere: era su un motorino con altre due persone, i tre non si erano fermati all’alt, il ferimento mortale del minore è avvenuto al culmine di un inseguimento.
Gli accertamenti sul cadavere del ragazzo – radiografie e TAC, risonanza magnetica, autopsia – oltre all’esame bali-stico, alla presenza dei periti di parte della famiglia, rappresentano gli elementi concreti e doverosi dei quali le parti chiamate in causa si sono avvalse e dovranno avvalersi per giungere a ricostruire con maggiore chiarezza la dinamica dei fatti, affinché la verità propenda a favore di una delle due versioni contrastanti: quella del carabiniere che ha sparato, e contro il quale, il 4 marzo scorso, la Procura di Napoli ha formulato l’ accusa di omicidio colposo per imperizia nel maneggio delle armi e quella dell’avvocato della famiglia Bifolco, raccolta attraverso diverse testimonianze.
I fatti – Nella notte tra giovedì 4 settembre e venerdì 5, intorno alle ore 2.30, c’è stato un inseguimento in via Cinthia, nel Rione Traiano di Napoli, tra un motorino Honda SH sul quale transitavano tre persone e un’auto con due carabinieri del Nucleo Radiomobile di Napoli. Si tratta di Arturo Equabile, – litante ricercato dalle forze dell’ordine – Salvatore Triunfo – un ragazzo di 18 anni con precedenti penali- e Davide Bifolco, l’unico incensurato. I carabinieri impongono l’alt ai tre, ma costoro, di tutta risposta, si danno alla fuga.
È proprio a partire da questo punto che le due versioni iniziano a viaggiare in due direzioni diverse.
L’unico elemento certo è che dalla pistola di ordinanza di uno dei due carabinieri è partito un colpo e il proiettile ha raggiunto Davide Bifolco all’altezza del torace. Il ragazzo è stato trasportato all’ospedale San Paolo, ma è morto poco dopo il ricovero. Salvatore Triunfo è stato ammanettato, mentre Equabile è riuscito scappare.
La versione dei carabinieri – Secondo la versione fornita dal carabiniere che ha sparato, intorno alle 2.30 della notte tra giovedì e venerdì lui e il suo collega hanno riconosciuto Arturo Equabile, un ricercato che era scappato dagli arresti domiciliari, su uno scooter Honda SH, seduto in mezzo ad altre due persone: quella stessa notte uno dei comandanti di squadra del Nucleo Radiomobile aveva segnalato alla pattuglia di turno in quel quartiere che il ricercato si trovava per strada su uno scooter di quel tipo. I carabinieri hanno dunque ordinato ai tre ragazzi di fermarsi, ma senza successo. A quel punto c’è stato un inseguimento durante il quale i tre ragazzi hanno urtato un’aiuola e sono caduti.
Uno dei carabinieri ha inseguito il presunto latitante, che è però riuscito a scappare e che tuttora non è stato rintracciato. Il secondo carabiniere, con l’arma di ordinanza senza sicura nella mano destra, è invece sceso dall’auto per bloccare gli altri due ragazzi. Nel tentativo di fermare Triunfo con la mano sinistra, il carabiniere è inciampato: a quel punto è partito in modo accidentale il proiettile che ha colpito al torace Bifolco, che stava in quel momento cercando di rialzarsi da terra.
In base a questa versione la traiettoria del proiettile dovrebbe essere diagonale dall’alto verso il basso. Il fatto che il carabiniere impugnasse la pistola col colpo in canna e senza sicura sarebbe – secondo l’avvocato difensore – previsto dal regolamento dell’Arma per interventi di quel tipo. In un’intervista a Repubblica, il carabiniere che ha sparato ha dichiarato: «Se avevo il colpo in canna, quella notte, è perché io e il mio collega inseguivamo un latitante. Non sono mai stato un Rambo, non ho mai neanche immaginato di puntare una pistola. Sono inciampato, quella notte, mentre bloccavo l’altro giovane che si divincolava. Se si fa una perizia si vedrà che c’è il gradino».
La versione della famiglia Bifolco – Fabio Anselmo, già legale della famiglia Cucchi e ora avvocato dei familiari di Davide Bifolco, ha presentato una versione contrastante rispetto a quella del carabiniere. L’avvocato ha svolto indagini per conto proprio raccogliendo almeno sei testimonianze in base alle quali risulta che i carabinieri avrebbero speronato lo scooter e sparato volontariamente ad altezza d’uomo, colpendo al cuore Davide Bifolco. La famiglia di Davide ha anche diffuso su Facebook delle foto del cadavere del ragazzo come prova di questa tesi.
La terza persona sul motorino non sarebbe stata Arturo Equabile, ma Enzo Ambrosino, un ragazzo che, intervistato dai giornalisti, ha dichiarato spontaneamente di trovarsi sul motorino inseguito dai carabinieri. Ambrosino, però, non si sarebbe ancora presentato agli inquirenti per mettere a verbale questa versione. I tre ragazzi non si sarebbero fermati perché non avevano il patentino e perché il motorino non era assicurato.
Tra i documenti raccolti dall’avvocato Anselmo ci sono anche le riprese delle telecamere collocate all’esterno e all’interno di una sala giochi che si trova a una decina di metri dal luogo dove è avvenuto l’inseguimento. Le immagini mostrano un carabiniere che entra nel locale e che, tenendo in mano una pistola, ordina alle persone presenti di rimanere ferme con le mani in alto. Secondo l’avvocato Fabio Anselmo, le immagini «dimostrano in maniera eloquente lo stato psicologico in cui si trovava quel carabiniere in quel momento». I carabinieri sostengono invece che quel militare non sia quello che ha sparato a Bifolco, ma il suo compagno che inseguendo Equabile lo avrebbe cercato nella sala giochi.
Questa versione è stata confermata da Salvatore Triunfo, uno dei ragazzi che era sul motorino, già sentito dal pubblico ministero la sera stessa della uccisione di Bifolco:
«È cominciato un inseguimento ad alta velocità. Siamo stati stretti a bassa velocità (30/40 km/h) nei pressi del marciapiedi che costeggia viale Traiano. A questo punto l’auto dei carabinieri che aveva anch’essa superato il cordolo delle carreggiate per venirci dietro, ha impattato il nostro motorino dietro e ci ha fatto cadere. Il ragazzo che guidava il motorino è scappato subito mentre io stavo per rialzarmi e Davide era già riuscito ad alzarsi. Ho visto un carabiniere che puntava la pistola verso Davide. Ho sentito il colpo e non ho visto la precisa direzione, perché mi sono girato. Poi Davide ha cominciato a tremare, mentre era a terra dopo pochi minuti non si muoveva più».
Le indagini – Spetterà agli stessi carabinieri fare luce su quanto accaduto quella notte. Decisione aspramente contestata dal legale della famiglia Bifolco. «Purtroppo in Italia è una prassi ricorrente e questo non va bene. È successo lo stesso ad esempio nel caso di Riccardo Magherini (l’ex calciatore della primavera della Fiorentina morto a Firenze lo scorso marzo: un video mostra Riccardo schiacciato a terra da quattro carabinieri, ndr). Il codice europeo e la corte di Strasburgo indicano che un procedimento per essere efficace deve essere condotto da un corpo differente da quello coinvolto. Naturalmente questo non significa che non abbia piena fiducia nella procura di Napoli».
Il corteo – Oltre 300 giovani, durante la giornata di ieri, 18 aprile, sono partiti in corteo nel centro storico di Napoli, con partenza da Piazza del Gesù e diretti verso la Prefettura, per chiedere giustizia al processo per l’uccisione del 17enne Davide Bifolco.
“Verità e giustizia per Davide” è scritto sullo striscione che apre il corteo, lo stesso che i ragazzi del Rione Traiano hanno esposto sulle torri del Maschio Angioino il 15 aprile scorso.