“Cambiano le cose superficiali e cambiano anche quelle profonde, cambia il modo di pensare, tutto cambia in questo mondo […]tuttavia il mio amore non cambia, per quanto lontano io mi trovi nè il ricordo, nè il dolore della mia terra e della mia gente”: queste sono alcune strofe della famosa canzone “Todo cambia” di Mercedes Sosa. Parole scritte da chi è stata costretta ad abbandonare il suolo natio dopo l’instaurazione della dittatura militare in Argentina. Il messaggio? speranza, riscatto, liberazione.
Da qui il titolo del saggio scritto da Gennaro Carotenuto, docente di World History all’Università di Macerata ed edito da “Le Monnier”: “Todo cambia. Figli di desaparecidos e fine dell’impunità in Argentina, Cile e Uruguay”. Si tratta di una monografia che ripercorre le storie di figli di “uomini né vivi, né morti”, messi a tacere e fatti “evaporare” dai regimi militari dei Paesi dell’America Latina. Così la vicenda di Sofia Prats, figlia di un alto ufficiale dell’Esercito cileno, quella di Jessica Tapia, figlia di un minatore comunista e tante altre testimonianze diventano gli emblemi del cambiamento, della reazione al “Terrorismo di Stato” che vessò i loro Paesi. Tanti piccoli tasselli di una storia che parla di se stessa, del suo trionfo: perché dalle “dalle più angosciose tragedie, la vita, la verità e la giustizia, possono tornare a fiorire facendo del passato e della memoria il seme del futuro”.
Un’ altra chiave di lettura del volume viene riassunta da queste tre parole: “fine dell’impunità”. Infatti, “todo cambia” soprattutto grazie a decenni di lotte volte a “diseppellire” la verità. Fonti giudiziarie inedite, presentate nel volume, analizzano i processi di assassini e torturatori colpevoli di crimini contro l’umanità: deportazione di innocenti in campi di concentramento, omicidi con occultamento delle salme in fosse comuni o gettate nell’Oceano con i cosiddetti “voli della morte”. Risultati ottenuti anche grazie alle ricerche dei figli dei desaparecidos volte non solo al ritrovamento dei genitori scomparsi, ma soprattutto ad estinguere la sete decennale di verità del loro popolo. Vicende che sottraggono “al cono d’ombra dell’ impunità e dell’oblio” la storia di una regione vessata e, troppo spesso, dimenticata.
Così, anche se non è stato ancora possibile dare un’identità a quei resti di desaparecidos contenuti nelle “340 scatole di cartone” presentate nell’introduzione dell’autore , verità e giustizia, alla fine del volume, ritrovano diritto di cittadinanza.