Gli effetti micidiali del tabacco sulla salute sono da tempo oggetto di incontrovertibile conoscenza scientifica. Il tabacco è ancora più pericoloso di alcune droghe, come la marijuana e l’hashish sul piano sanitario e tanto più insidioso perché gode, al contrario di queste ed altre droghe, di una diffusa accettazione e tolleranza sociale.
Quest’ultima si è notevolmente incrinata nei Paesi economicamente più avanzati, proprio a seguito della diffusa consapevolezza dei danni da sigaretta, che hanno portato i governi a varare leggi restrittive del diritto a fumare nei locali e nei mezzi di trasporto pubblici.
Di conseguenza, le multinazionali del tabacco, come la Phillip Morris, hanno da un lato, articolato la propria presenza sui mercati invadendo anche altri settori, dall’altro, si sono riversate sui mercati del Terzo Mondo, dove il consumo di sigarette sta dilagando, con costi umani e sociali di grande dimensione.
Tali mercati costituiscono oggi la salvezza delle multinazionali e non sono certo disposte a rinunciarvi.
Si spiega, così, l’azione legale intrapresa dalla citata Phillip Morris, capofila di tali multinazionali, contro l’Uruguay, colpevole di aver firmato un accordo quadro con l’Organizzazione mondiale della sanità in materia di lotta al fumo, che prevede fra l’altro l’apposizione di segnalazioni sulla nocività delle sigarette su di una superficie pari all’ottanta per cento di quella del pacchetto, il divieto di porre in vendita varietà apparentemente meno nocive, il divieto di fumare in spazi chiusi ed altro.
È una questione di centimetri, in più o in meno, ma sono centimetri che pesano e possono fare tendenza in tutto il mondo.
L’accordo Oms impone ai Paesi che lo sottoscrivono, tra le altre misure, di tappezzare di drammatiche immagini anti-fumo almeno il 50% dei pacchetti di sigarette, l’Uruguay ha deciso di “strafare”: qui i produttori sono obbligati a ricoprire con fotografie molto esplicite ben l’80% delle confezioni. Per non parlare del divieto – che l’Uruguay ha imposto per primo al mondo – di distribuire varianti dello stesso prodotto: le versioni “light” o “mild” di uno stesso brand, sono state messe al bando per evitare di trarre in inganno i fumatori con messaggi fuorvianti su formulazioni apparentemente meno dannose.
Ce n’era abbastanza perché il gigante reagisse. Non che l’Uruguay sia il più accanito al mondo, nella guerra senza quartiere al fumo: in Thailandia e Australia, le immagini-shock arrivano a coprire rispettivamente l’85% e l’82,5% del packaging. Terzi al mondo per intransigenza, dunque, ma primi nel mirino di Philip Morris.
La Phillip Morris ha agito contro il governo di Montevideo sulla base dell’accordo per la protezione degli investimenti fra Svizzera (Paese in cui ha sede) e l’Uruguay, sostenendo la lesione dei propri diritti alla proprietà intellettuale, che le rigorose norme antifumo applicate dal Paese latinoamericano equivalgono in sostanza a un’espropriazione dei propri investimenti e chiedendo un risarcimento di ben due miliardi di dollari.
E purtroppo, allo stato dei fatti, la Phillip Morris ha buone possibilità di vincere.
La multinazionale – affermano i difensori dell’Uruguay – avrebbe deciso di dare una lezione esemplare al piccolo Davide che ha scelto di ribellarsi al Golia del tabacco. Se dovesse vincere, si creerebbe un precedente importante, capace di dissuadere altri Paesi dalla lotta dura e pura alla nicotina.
La posta in gioco è notevole: i produttori sono consapevoli che ogni pacchetto di sigarette è un vero e proprio biglietto da visita del loro marchio, con cui tradizionalmente – peraltro – veicolano messaggi di successo nella vita e nella carriera. Messaggi che cozzano con le foto di bocche devastate dal cancro, di radiografie impietose di polmoni anneriti, di bimbi imbavagliati da maschere antigas, di piedi mangiati dalla gangrena che campeggiano sulle confezioni vendute in Uruguay. Immagini di enorme impatto che – è ormai provato – valgono più di mille parole, soprattutto in Paesi dove buona parte della popolazione è ancora analfabeta. E se in Uruguay prima della “cura” fumava il 45% della popolazione, oggi grazie al massiccio intervento legislativo anti-fumo la percentuale è crollata al 23%. Al 13% tra i giovani, che continuano ad abbandonare il ricorso alle bionde.
Sul piano morale l’Uruguay avrebbe quindi stravinto. Se non fosse che l’attribuzione dell’arbitrato al Centre for settlement of investment disputes ha segnato un punto importantissimo a favore di Philip Morris.
A questo punto è entrato in azione anche il team di Avaaz.
È pazzesco che una multinazionale possa far annullare leggi che proteggono la salute dei cittadini. Per questo vogliamo partecipare al processo a difesa dell’Uruguay, assumendo un team con i più bravi avvocati al mondo per rappresentare gli interessi di noi cittadini.
Ai giudici del tribunale dobbiamo far capire una cosa: non stanno giudicando l’Uruguay, la sentenza avrà effetti in tutto il mondo.. Le multinazionali sono già pronte a portare in tribunale altri 4 paesi, e molti altri, inclusa l’Italia hanno leggi anti-fumo che potrebbero presto entrare nel loro mirino.
Per questo dobbiamo agire rapidamente: il caso è già arrivato in tribunale.
Firma ora per aggiungere il tuo nome a quello dei cittadini in tutto il mondo che i nostri avvocati rappresenteranno in tribunale.