Napoli Est è la periferia più quotata tra quelle destinate a tramutarsi nel set dell’ennesima fiction capace di consegnare storie di spari, tradimenti e frasi-tormentone.
Questo, probabilmente, è quello che l’immaginario collettivo e la coscienza sociale sono maggiormente predisposti ed abituati ad accogliere.
Questo è quanto, pericolosamente, l’ideologia dei singoli che concorrono a costituire la collettività, si aspetta di recepire in relazione alle “terre di camorra”, allorquando incalzano, rimbalzano, s’inseguono e si susseguono, con fare sempre più minaccioso ed insistente, le notizie di cronaca. O meglio, “quelle notizie” che raccontano “quella cronaca” da fiction, fin troppo abili ad assottigliare la realtà nella finzione e lasciare che la finzione fagociti la realtà. Questo è quanto quell’“esercito di spettatori” s’aspetterebbe di veder cucito nei cuori, scalfito negli occhi, stampato sulle labbra e soprattutto scandito dalla voce di chi qui, a Napoli Est, nella “periferia erta a terra di tutti e di nessuno” ci vive.
La realtà, tuttavia, narra ben altre “realtà”.
In particolare, le voci che plasmano musica, delineano i marcati toni della consapevolezza, quella che inevitabilmente delimita “la differenza” e che impone un percorso ripido, definito, impervio. “Diverso”.
Una diversità che accomuna e non genera pregiudizio, che sviscera i problemi sotto forma di beat e rime, alternate, baciate, sfrontate, ma, soprattutto, sentite. Tutte. Chi “fa il rap” da queste parti, non può struggersi per amore, perché impara a comprendere fin dai primi vagiti, umani e musicali, che i guai che si celano dietro gli anfrattuosi cespugli del convulso sentiero della vita sono altri. Sono tutt’altri. Sono ben altri.
Questo è quanto ho facilmente e nitidamente letto negli occhi di Donix, Ivanò e Master Prod. Questo è il quid in più che anima la voglia di dare e di dire de “La Pankina Krew“.
Sono loro, con le loro semplici storie di “drogati della musica”, ad avermi consegnato queste parole.
Hanno saputo raccontarmi la realtà che scandisce la vita a Napoli est e di Napoli Est, senza pronunciare le parole “camorra”, “crimine”, “pistola”, “violenza”, “morte”, nemmeno una volta. Hanno parlato con il cuore, con gli occhi, con i sorrisi e soprattutto raccontando la loro musica.
Quella che nasce qui, a Napoli Est.
Eppur non cavalca stereotipi e luoghi comuni, non insegue frasi fatte e non si crogiola nelle dicerie.
Tre ragazzi, tre talenti, tre sogni che si fondono in un unico intento che trova in melodie innovative, sfrontate, sincere, viscerali, la più elevata e pregevole espressione.
Tre ragazzi inconsapevoli di quanto significativo e coraggioso sia il contributo, il loro personale e sentito contributo, alla rifondazione di un nuovo, più ottimistico ed ottimista modo di vedere e soprattutto “sentire” quella realtà che vive attraverso la loro musica e che dalla loro musica può attingere l’input motivazionale necessario per trovare il coraggio di rialzarsi, scegliere il suo abito migliore e presentarsi al mondo sotto una luce diversa e ben più edificante.
Ascoltare la loro musica, per chi vive da queste parti, personifica un’opportunità: quella di lasciarsi rappresentare da quel canto di pura appartenenza e ricercare in quelle parole la propria anima identitaria più nitida e cruda.
Tuttavia, quella musica, la loro musica, ancor più, rappresenta un’opportunità per chi non vive a Napoli Est: quella di lasciarsi raccontare la realtà che vige in questi luoghi da chi la vive, con il cuore e le budella e la scruta dal di dentro, dalle radici più profonde, fino al più cupo e mesto dei meandri. E non da chi, come un giudice supremo, “la guarda dall’alto” e, a posteriori, ha già scelto di condannarla.
Questo è ciò che cantano gli occhi e il cuore di Donatella: una voce calda ed energica, soave e potente, proprio come la sua anima. E, per questo, non prevedibilmente compresa da tutti. O meglio, da chiunque. Un talento prodigioso ed orgoglioso che cammina a testa alta lungo i più cavillosi spartiti musicali, capace, con estrema facilità, d’inerpicarsi tra virtuosismi ammirevoli, senza aver paura di scivolare in passi falsi e maldestri. Senza aver paura di cadere. Quando parti dal fondo e spicchi il volo no, non puoi avere paura di cadere, perché le ali di quelle come Donatella sono fortemente costituite da solide e fitte piume d’umiltà. E quelle no, non le brucia nemmeno il sole.
Questo è ciò che cantano gli occhi e il cuore di Nicola: “un genio del suono” che converte in musica tutto quello che entra in empatia con la sua anima e che si rivela capace di tingerla di sfumature che sanno arricchire la sua scaltra e sempre più variegata vena artistica. La sua musica è la più semplice e sublime forma di gratitudine verso il mondo, verso quel mondo.
Questo è ciò che cantano gli occhi e il cuore di Ivan: il poeta contemporaneo munito degli attributi musicali più marcati tra quelli attualmente ospitati dal palco napoletano. Umile e rabbioso, grintoso e fiero, capace di mettere nero su bianco emozioni. Semplicemente emozioni.
“Sentire” la musica de La Pankina Krew significa conoscere e capire la reale e più veritiera essenza di Napoli Est e di tutte le “Napoli Est” del mondo in cui giace almeno una “panchina” fatta della stessa sostanza che forgia i sogni di Donatella, Nicola e Ivan.