La scomposizione di un “violin”, un oggetto quotidiano, in molteplici piani d’osservazione, la visione simultanea che sostituisce quella euclidea, una tavolozza fatta di pochi ed essenziali toni: queste le caratteristiche del quadro di Picasso ritrovato ieri dai carabinieri di beni culturali. Il quadro dal nome “Violin e boutille de bass” risalirebbe al 1912 e apparterebbe alla fase cubista di Picasso, inaugurata nel 1907 dalle “Demoiselle d’Avignon”.
Il dipinto, un olio su tela di dimensioni medie, stava per essere esportato. Era stato nelle mani di un ignaro corniciaio romano. Le indagini sono partite quando l’artigiano ha richiesto il rilascio dell’attestato di libera circolazione del dipinto presso l’Ufficio Esportazioni di Venezia. Il valore dichiarato per l’opera era solo di 1,4 milioni di euro: ciò ha suscitato i sospetti degli investigatori. La storia del dipinto è molto singolare: il corniciaio romano aveva ricevuto il quadro in dono da un cliente in cambio di una banale riparazione al portafoto della moglie scomparsa. La riparazione era stata gratuita e il cliente aveva ben pensato di ripagare il gesto con questo capolavoro dell’artista spagnolo. La tela era stata conservata sin da allora, il 1978 ,senza particolari cure dato che se ne ignorava la vera origine.
Nella stessa giornata, è stata ritrovata anche una statua romana del III sec. d.C raffigurante il Dio Mitra nell’atto di uccidere un toro. La statua era stata trafugata nel Lazio con uno scavo clandestino e stava per seguire la stessa sorte del Picasso. Per fortuna, i carabinieri sono riusciti ad evitare la sua esportazione in Svizzera. Si tratterebbe, infatti, di una scultura molto rara sia per il soggetto rappresentato che per le condizioni di ritrovamento. Due esemplari simili si trovano al British Museum e ai Musei Vaticani. Il valore di stima partirebbe dagli 8 milioni di euro.
L’opera è stata trovata, coperta da un telone, in un furgone dove si trasportavano anche delle piante. I carabinieri hanno bloccato il mezzo di trasporto all’altezza del Museo delle Navi di Fiumicino (Fiumicino è un luogo noto per la ricettazione di beni culturali). L’operazione ha portato all’arresto del conducente e alla ricerca di eventuali complici.
Il culto del dio Mitra, si configurò come una vera e propria religione misterica che cominciò a diffondersi nell ‘area del Mediterraneo orientale intorno al II-I secolo a.C raggiungendo il suo apogeo tra il III e il IV secolo. Questa religione venne praticata anche nell’Impero romano soprattutto per la sua fede nella sopravvivenza dell’anima e nella possibilità di pervenire, attraverso le sette sfere planetarie, all’aeternitas. Nelle iconografie il Dio Mitra viene spesso rappresentato insieme a 5 animali: il toro, il serpente, lo scorpione, il cane e il corvo. Questo perché, secondo il mito, questi sono stati gli animali protagonisti della lotta del Dio Mitra prima con il Sole (con il quale stringerà un’alleanza) e poi con il dio Ahriman (il dio del Male). Il Toro, in modo particolare, ucciso dal Dio Mitra, avrebbe fatto nascere tutte le piante benefiche per l’uomo e in particolare dal suo midollo sarebbe nato il grano e dal suo sangue la vite. Ascendendo, infine, alla luna il Toro avrebbe dato vita a tutte le specie viventi.
Questo aiuta a capire l’importanza degli altri ritrovamenti avvenuti durante gli scavi operati, successivamente, nelle aree archeologiche di Tarquinia e Vulci, ritenute dai carabinieri possibili zone dello scavo clandestino del “Mitra”. Sono stati rinvenuti: un cane rampante ed una testa di serpente, elementi tipici dell’iconografia del mitraismo e combacianti con il resto della scultura.
Cosa hanno in comune un Picasso del 1912 e una statua del III secolo d.C? Apparentemente nulla, se non il configurarsi come altri tasselli della nostra meravigliosa storia dell’arte.