Ha impiegato le maniche del suo maglione per realizzare il nodo scorsoio con il quale si è tolto la vita, il trentaquattrenne di origine marocchina che lo scorso 25 marzo si è suicidato dopo essere stato condotto nella Questura di Reggio Calabria.
L’uomo sprovvisto di documenti di riconoscimento, è stato arrestato nella serata dello scorso 25 marzo nei pressi del ponte Calopinace, colto in flagranza di reato mentre aggrediva una prostituta di origine nigeriana. L’intervento, ad opera della Polizia Municipale, ha richiesto l’ulteriore ausilio della Polizia di Stato, data l’aggressività dell’uomo. Condotto in Questura con l’accusa di tentata violenza sessuale, rapina aggravata, lesioni, danneggiamento e violenza a pubblico ufficiale, il marocchino è stato trattenuto all’interno della camera di sicurezza, dove si è tolto la vita.
Negli uffici della Questura è intervenuto il PM di turno della Procura della Repubblica di Reggio Calabria. Le indagini, affidate alla Polizia di Stato, hanno portato alla luce i diversi precedenti penali del trentaquattrenne.
L’aggressione del marocchino sulla prostituta nigeriana si inserisce nell’enorme repertorio di casi di violenza su donne. Uomini che credono ancora nel ”sesso debole”, che non esitano a ricorrere alla forza per imporre la propria autorità, artefici della morte fisica o psicologica delle loro vittime. Aumenta sensibilmente, infatti, il numero delle violenze quotidiane, celate dietro le mura domestiche, mentite dalle vittime, fragili e inconsapevoli del fatto che ogni giorno potrebbe essere l’ultimo della loro esistenza.
Un fiore che appassisce, soffocato dal gelido inverno della violenza. Episodi che rilanciano e sottolineano la necessità di attivarsi, affinché la primavera possa raggiungere di nuovo ogni donna, prima che la sua bellezza sfiorisca.