La funzione di esprimere e di riassumere la realtà partenopea, brutta o bella, meschina o eroica che sia e il desiderio di rivincita con la conseguente voglia di vivere tipica dei napoletani è stata affidata, dal popolo stesso, alla maschera più conosciuta al mondo: Pulcinella.
Pulcinella rappresenta l’istinto primordiale del popolo, sempre in contraddizione con sé stesso e con gli altri, volubile, incostante e superficiale, furbo e guardingo, riesce a trarsi d’impaccio anche nelle situazioni più difficili, per un tozzo di pane e un fiasco di vino, si adatta a qualsiasi mestiere e contemporaneamente, trova il modo per prendersi gioco dei potenti. A volte, triste e malinconico, altre gioviale e sorridente, attira le simpatie e le confidenze di poveri malcapitati che a cuor leggero gli raccontano pettegolezzi e piccoli segreti, senza sospettare che diverranno presto di dominio pubblico: da qui nasce la storica citazione “il segreto di Pulcinella“.
La storia e l’origine della maschera partenopea, dal naso ricurvo e dal sorriso beffardo, va ricercata secondo una versione dei fatti, ad Acerra, comune del napoletano, dove viveva il contadino Puccio d’Aniello o Paoluccio della Cerra, che avrebbe ispirato il personaggio così come noi lo conosciamo.
Per approfondirne la storia esiste un museo a lui dedicato proprio ad Acerra: il Museo di Pulcinella del Folklore e della Civiltà Contadina, nato per volere del Centro di Cultura “Acerra Nostra” nel 1992 ed alloggiato nelle sale del Castello baronale appartenuto un tempo ai feudatari della città.
Intitolato anche Museo delle Genti di Liburia, tra consunti aratri e vecchie suppellettili si è cercato di ricostruire attraverso i materiali e gli oggetti esposti, soprattutto l’anima della cultura contadina dell’antica Liburia., da cui ebbe origine la stessa maschera di Pulcinella.
Nella sezione dedicata a Pulcinella, la maschera viene rappresentata e raccontata, attraverso quadri, litografie, presepi, testi di commedie, foto di pilastri dello spettacolo napoletano e non, che ne hanno vestito i panni, come Totò, Eduardo De Filippo, Antonio Petito , Bruno Leone e Massimo Troisi. Tra le varie testimonianze si può ammirare il Monumento a Pulcinella di Gennaro d’Angelo.
Di particolare rilievo è anche il Castello che fa da contenitore al museo: costruito prima del Mille sulle rovine di un teatro di epoca romana, di cui restano tratti visibili nelle cantine del fortilizio medievale, è stato restaurato dopo gli anni Ottanta ed è oggi sede anche di altre associazioni e del municipio.
Pulcinella è sempre stato una delle icone napoletane.
Pulcinella è Napoli, anche se nato ad Acerra, ironico e dissacrante, è uno dei tre potenti: il Papa, il Re e chi non tiene niente. Essendo la voce del popolo, è stato rappresentato in mille modi diversi, così come sono le mille facce della città di Napoli. Una per tutte, ricordiamo la struggente canzone Suonno d’ajere scritta da Pino Daniele, dove l’artista racconta di un Pulcinella malinconico e rabbioso che, toltosi la maschera (un richiamo alla commedia di Eduardo), pensando al dolore dei poveri e dei diseredati, medita un’azione di rivolta.