Elio è un ragazzo di 15 anni, le cui domeniche sono prevedibilmente condite ed animate dal calcio, una passione seguita e praticata e che lo porta a rinunciare volentieri a poltrire nel letto, nell’unico giorno in cui l’esenzione dagli oneri scolastici glielo renderebbe possibile, per raggiungere quel rettangolo verde che profuma di talento e sacrifici, per allacciare gli scarpini, vestire il completino della sua squadra e respirare a pieni polmoni quella voglia di prendere a calci i sogni.
Elio, accompagnato dalla madre, si stava per l’appunto recando al campo di calcio, dove avrebbe dovuto giocare una partita con la sua squadra, “La Dominante“, quando, alle 9,42, è rimasto coinvolto in un gravissimo incidente, in via Brianza, poco distante dalla Villa Reale, a Monza, poco distante dalla meta del giovane.
Un’auto pirata non si è fermata per dare la precedenza ad un incrocio e ha innescato uno schianto spaventoso tra altre cinque vetture. Dopo l’incidente, il responsabile di quello spaventoso incidente, non si è fermato per soccorrere i feriti, ma è fuggito.
Cinque le persone rimaste ferite: Elio, morto subito dopo l’arrivo in ospedale, un uomo di 36 anni e tre donne di 36, 38 e 40 anni. Una delle donne è proprio la madre del giovane, tuttora in coma, intubata e incosciente.
Non sa che suo figlio non c’è più, ma, forse, lo sente.
La vettura che si è scontrata frontalmente con quella delle vittime non era quella guidata dal pirata. Sarebbe stata una manovra avventata dell’auto del pirata, secondo quanto ricostruito dagli agenti della Polizia locale di Monza, infatti, a causare lo scontro tra la C1 guidata dalla madre di Elio e un’altra vettura.
Il giorno dopo la tragedia, tocca ai compagni di scuola familiarizzare con quel lutto, inaspettato e sconcertante: un minuto di silenzio e una scritta sul banco di Elio.
“Ciao Elio, Il vento parlerà di te nella tempesta”. I compagni di classe l’hanno salutato così, con una foto di gruppo e una rosa rossa sul suo banco.
Questa la risposta dell’istituto Mosè Bianchi di Monza il giorno dopo l’incidente stradale in cui ha perso la vita Elio Bonavita, 15 anni, studente iscritto al primo anno.
La notizia della morte del ragazzo, durante la mattinata di domenica, è celermente rimbalzata tra i compagni di scuola, grazie al passaparola virtuale generato sui social e tramite whatsapp. Un invio frenetico di messaggi che ha lasciato il segno nei giovani protagonisti. La mattinata è trascorsa senza lezioni, con i banchi disposti in cerchio e la voglia solo di parlare e di esternare tutte le emozioni.
“Tutta la comunità scolastica del Mosè Bianchi piange per la tragica scomparsa di Elio Bonavita, stringendosi attorno alla sua famiglia che non lascia sola”, è il messaggio pubblicato sul sito internet della scuola.
Resta ricoverata in gravi condizioni la madre, Nunzia, soccorsa e trasportata all’ospedale Niguarda.
Mentre i compagni di scuola commemoravano Elio, il pirata della strada che ha causato la morte del giovane si è costituito.
E’ entrato nel comando della polizia locale nel primo pomeriggio di oggi, dopo più di 24 ore dall’avvenuta tragedia. Al suo fianco, un avvocato difensore.
Si è presentato volontariamente al comando della polizia locale di Monza il conducente del suv Audi Q5 che, secondo la ricostruzione più accreditata dai vigili, ha causato l’incidente in viale Brianza che è costato la vita a Elio Bonavita, il quindicenne di Villasanta che era in auto con sua mamma, ricoverata in gravi condizioni al Niguarda di Milano.
Secondo quanto si apprende, si tratterebbe di un quarantenne brianzolo. E’ stato denunciato a piede libero “per fuga in occasione di incidente con feriti, omicidio e lesioni colpose”.
Indagini, processi, condanne: la giustizia farà il suo corso, eppure, si fa davvero fatica a trovare un senso alla “giustizia” al cospetto di quegli occhi verdi e pieni di belle speranze, dei fotogrammi che ritraggono un volto che dondola tra l’infanzia e l’età adulta e di quelle scene di vita ordinaria che raccontano la storia di un ragazzo normale, garbato, pulito, innamorato di quella “maglia numero 4” che indossava con orgoglio.
Una passione ardentemente fomentata, di domenica in domenica, di partita in partita e che, in una domenica qualunque, è stata cruentemente falciata dalle più impietose delle entrate a gamba tesa.