L’anteprima dei suoi 70 anni non è stata sicuramente delle migliori: una caduta sul palco del Petruzzelli di Bari, un femore rotto, tre viti nell’osso. Così Franco Battiato, oggi celebra il compleanno nella sua casa di Milo, alle pendici dell’Etna, dove “le lucertole attraversano la strada vanno veloci” e lui “più piano ad evitarle“, come canta in Giubbe Rosse.
Per un periodo (15 giorni dice lui) girerà con le stampelle, ma nel frattempo annuncia per l’autunno l’uscita di un mega box antologico con la sua opera omnia film, documentari, opere compresi, più due inediti e una cover. Intanto continua a lavorare (da cinque anni) al film su Haendel.
Sono passati quasi 50 anni dalle sue prime esperienze musicali a Milano, dal suo primo contratto discografico ottenuto grazie al suo grande amico Giorgio Gaber che tra l’altro, insieme a Caterina Caselli, ha ospitato, nel 1967, la sua prima apparizione televisiva.
Lungo questi decenni Franco Battiato ha costruito un percorso davvero unico nel panorama italiano. Un ironico libero pensatore che ha praticato l’arte della provocazione e che ha avuto pure una breve esperienza (non retribuita) come assessore alla Regione Sicilia con la giunta Crocetta, durata da novembre 2013 a marzo 2014 e finita in modo a dir poco ‘burrascoso’.
La sua carriera di musicista eclettico (con incursioni anche nel cinema e nella pittura) consta di svariate sfaccettature, che non possono raccontare il personaggio in toto, ma bastano a renderlo un protagonista mitico della nostra musica.
Lui che negli anni ’70 produceva album sperimentali come Fetus e Pollution, e su quell’esperienza è tornato anche di recente: con il suo ultimo album, il Joe Patti’s Experimental Group, che è stato portato in tour di fronte a un pubblico teoricamente molto più preparato di quello di 40 anni fa.
Tratto distintivo dell’artista riguarda anche il suo stretto rapporto tra musica e meditazione: la pratica dagli anni ’70, “due volte al giorno, come gli egizi“. Ha raccontato a Fabio Fazio che ogni giorno si sveglia alle cinque e trenta e ascolta musica classica. Alle sette si alza, si lava, medita per mezz’ora, quarantacinque minuti, fa colazione e verso le otto comincia a lavorare o a leggere.
Evidente anche la stretta connessione con il pop: c’è chi dice che Battiato sia Battiato solo fino al 1975. Fortunatamente, affermazione smentita almeno per il grande pubblico, c’è anche un Battiato successivo. L’abbandono della fase acuta di sperimentazione elettronica e l’approdo al pop è con L’Era Del Cinghiale Bianco (1979) prima, con La Voce del padrone (1981) poi.
Il resto è storia. Indicativa la lista dei musicisti con cui ha lavorato: da Claudio Baglioni ai CSI, da Enzo Avitabile a Pino Daniele, dai Bluvertigo a Celentano, Subsonica, Marta sui Tubi, senza contare il decisivo ruolo svolto nelle carriere di Alice e Giuni Russo.
Non è certo un caso che continui a essere un punto di riferimento: i giovani vedono in lui un modello di originalità e di curiosità, quelli più grandi un difensore dell’intelligenza in un mondo che troppo spesso ne dimentica l’importanza.