“Nessuno può essere trattenuto in vita contro la propria volontà; è possibile calpestare la necessità stessa” parole di Seneca, commentando Epicuro per il quale era una sventura vivere nella necessità, ma vivere nella necessità non era affatto necessario.
In tempi di sordida crisi, che ha visto l’Italia (e probabilmente vede tutt’ora) teatro di tragedie, come quelle relative ai suicidi negli ultimi anni, ci si chiede se calpestare la necessità ed optare per il suicidio non costituisca forse la scandalosa ed inammissibile sconfitta della società, proprio quella attuale, in cui viviamo.
La crisi economica ha avuto i suoi effetti non solo sui disoccupati, ma anche fra imprenditori e lavoratori autonomi. Sono stati 362 nel 2010 i suicidi dei disoccupati, superando i 357 casi del 2009, che già rappresentavano una forte impennata rispetto ai 270 accertati in media del triennio precedente (rispettivamente 275, 270 e 260 nel 2006, 2007 e 2008), confermando la correlazione tra rischio e integrazione nel tessuto sociale
Partendo da uno degli studi più celebri del sociologo Durkheim, è stato analizzato il fenomeno del suicidio, inteso come ‘suicidio economico’, ovvero un fatto sociale strettamente legato alle dinamiche prodotte dalla crisi economica, dalla dottressa Anna Simone, sociologa e ricercatrice presso l’Università di Roma 3, mediante il libro “Suicidi, studio sulla condizione umana nella crisi”.
Con la pubblicazione del suo saggio sul suicidio, Durkheim, intendeva dimostrare che tale fenomeno configurava un fatto sociale specifico, e quindi, riconducibile a un insieme specifico di cause socio-culturali più che individuali: “Una connessione tra i suicidi avvenuti all’epoca della ricerca di Durkheim, e quelli avvenuti recentemente, intercorsi tra il 2012 e il 2013, riguarda i modelli economici, e ciò che questi modelli economici hanno prodotto e generato all’interno dell’organizzazione sociale. Dunque, seppur per motivazioni differenti, è possibile asserire che la crisi economica che ha investito e travolto interamente il mondo Occidentale negli ultimi anni, ha una portata epocale, tanto quanto quella prodotta dalla rivoluzione industriale alla fine dell’800 sull’allora società occidentale, ovviamente con peculiarità differenti” – Spiega la dottoressa Simone.
La crisi economica ha creato una serie di situazioni insostenibili per molte persone che hanno deciso di togliersi la vita non riuscendo a trovare altre vie d’uscita. Togliersi la vita,è una drammatica espressione di disagio sociale, tanto da essere la prima causa di morte prematura.
Per questo motivo negli ultimi anni, il tema del suicidio ha ricevuto un’attenzione costantemente crescente in tutto il mondo.
In questo contesto di crisi occupazionale, che ha determinato molti casi di ‘suicidio economico’, che ruolo svolgono i legami sociali? Perché, spesso, ci si lascia totalmente abbattere dalla disperazione della mancanza del lavoro, mettendo tutto il resto in secondo piano, come ad esempio l’importanza della famiglia?
“Anche il patriarcato come modello di organizzazione sociale è in crisi, la figura del padre e quindi del nucleo familiare in quanto tale, è stravolta rispetto al passato. Gran parte dei suicidi che abbiamo analizzato, mostrano che al momento del fallimento (nel caso dell’imprenditore che si suicida) o del licenziamento, il peso della responsabilità e della frustrazione risulta maggiore rispetto alla consapevolezza del dolore esercitato sui propri cari. Un dato interessante emerso dalla ricerca, riguarda anche il genere: ovvero il fenomeno del suicidio economico riguarda principalmente gli uomini, tranne alcuni casi isolati ( come il caso di Maria Baratto, l’operaia di 47 anni del reparto logistico Fiat di Nola, suicidatasi nella sua abitazione ad Acerra)” – Prosegue la dottoressa Simone – “Per molti, tra quelli che hanno deciso di togliersi la vita, l’intera esistenza coincideva col lavoro ancor più della famiglia; oltre al fallimento di per sé, inoltre, vige ancor più la convinzione di non poter reggere alla frustrazione determinata, sempre a causa del modello economico che si è venuto a creare, declassando anche la famiglia come status di dimensione sociale. È un innesto complesso, che trova riscontro oltre che nella crisi economica anche nella crisi del patriarcato”.
La persona che si uccide vuole recidere qualsiasi legame con il mondo, ma allo stesso tempo è inevitabile che lasci un messaggio; la crisi economica letta attraverso i suicidi, dunque, diventa essa stessa crisi dei legami sociali, crisi di un’etica condivisa, crisi dei valori.
“Il sistema sociale, e quindi la società in generale, non può essere scissa dal contesto economico e politico, di conseguenza una società come quella attuale, in cui l’affermazione personale va di pari passo alla disponibilità economica, deve far fronte ad un aumento del livello di competitività , svalutando così i legami sociali su cui si dovrebbe fare affidamento”.
La Dottoressa Simone, inoltre, dà alla società attuale una precisa connotazione, ovvero ‘società della prestazione’, basata sulla competitività tra gli individui. Oggigiorno, la costruzione del sé, della propria persona,avviene per lo più in risposta una richiesta continua:bisogna essere sempre produttivi e scattanti. Anche la precarietà ci mette all’interno di questa logica, aumentando così il grado di competitività,e quindi della prestazione, appunto, individuale.
“Il fenomeno del suicidio dovrebbe farci riflettere sulla connotazione oggi data ai legami sociali, e soprattutto leggerlo in termini di solitudine che i cittadini vivono quotidianamente rispetto ai loro problemi, avendo sempre meno riferimenti, come quelli istituzionali.” Conclude la Sociologa.
La serie di suicidi che negli ultimi mesi avvengono in relazione, più o meno diretta, con situazioni di difficoltà economica interroga ognuno di noi; la perdita della sicurezza economica, dell’immagine sociale o gli stenti di una situazione di precarietà sicuramente fungono da fattori di malessere esistenziale e provocano momenti di intensa angoscia, ma il suicidio di certo non rappresenta una soluzione al problema.