Jessica Sacco, 22 anni, alta, longilinea, slanciata, il classico “fisico asciutto”, occhi verdi e cristallini, come solo le acque che bagnano le coste del suo Cilento sanno esserlo, capelli colorati, ricchi, lisci, corti, lunghi, rasati, raccolti, che raccontano fantasia, ingegno, una costante voglia di cambiare pelle ed un affinato e costante desiderio di prendersi cura di sé.
Da quella copiosa cascata di immagini raccolte nel suo album su facebook, traspare una spiccata passione per la fotografia e un ancor più marcato attaccamento alla vita.
Quelle foto che raccontano la quotidianità di Jessica, ritraggono la consuetudine che regna nella vita di una ragazza di 22 anni attiva, solare, animata da molteplici interessi e che appare un fiume in piena di voglia di vivere. Jessica, così come appare attraverso quel profilo facebook che funge da “specchio dell’anima virtuale” è tutto ciò che di più distante e contrapposto alla morte possa esistere.
Eppure, ieri sera, Jessica si è tolta la vita lanciandosi dal balcone di casa.
Un gesto inaccettabile, sconvolgente, inspiegabile.
Candidata alle ultime elezioni amministrative nella lista Per Ascea appoggiata dal sindaco uscente Mario Rizzo, Jessica era una ragazza brillante, intraprendente, affascinante. Tutti la conoscevano e tutti le volevano bene.
La sua bellezza, nel 2013, fu premiata con la fascia “Miss Make Up” nell’ambito di un concorso al quale la giovane partecipò. Jessica nutriva una spiccata passione per il mondo della moda che l’aveva anche portata a ricalcare le passerelle, sfilando anche in abito bianco. Quell’abito da sposa che contorna ed anima i sogni di tutte le bambine, più o meno cresciute e che, probabilmente, anche Jessica, in attesa del principe azzurro continuava a cullare.
Si presume che alla base dell’estremo gesto vi sia proprio “un mancato principe azzurro”: un amore tormentato, non corrisposto, contrastato.
Questa, almeno, l’unica motivazione fin qui avanzata per provare quantomeno a legittimare una morte amara, straziante, inaccettabile.
Nessun biglietto, nessuna avvisaglia, nessun segnale che lasciasse presagire che Jessica, proprio lei, potesse rinunciare alla vita.
La ragazza gestiva con il fratello due circoli privati, uno a Mandia ed un altro a Catona, incarnando “la voglia di resistere”, la forza di combattere di chi resta, a dispetto della crisi, della precarietà e della disoccupazione, per costruirsi un futuro qui, “a casa” piuttosto che “volare” altrove per costruire una vita lontano dagli affetti e dalle radici.
Ed è per questo che desta ancor più sconcerto pensare che al cospetto di qualsivoglia motivazione vi fosse alla base del suo ultimo e disperato gesto, Jessica non abbia saputo e voluto trovare una soluzione diversa dal “volare via per sempre”.