Forse non è esagerato affermare che il miracolo architettonico e paesistico conosciuto come il «Miglio d’Oro», il tratto di strada fiancheggiato da stupende ville settecentesche che da San Giovanni a Teduccio giunge quasi ai confini di Torre Annunziata, è nato per volontà di una donna e che questa donna possa essere riconosciuta nella figura di Maria Amalia di Sassonia, moglie di Carlo di Borbone. La storia narra che visitando la villa del duca d’Elboeuf costruita sulla riviera Vesuviana, rimase così incantata dalla bellezza del paesaggio e dalla mitezza del clima che decise di trasferirvisi. Subito dopo, nel 1738, Carlo di Borbone commissionò ad Antonio Canevari la costruzione della Reggia di Portici. La localizzazione di ville e palazzi nella fascia costiera vesuviana è fortemente legata, alla decisione del monarca che sancì il privilegio dell’esenzione fiscale durato fino al 1877.
Oggi purtroppo, quella parte della costa non conserva più il fascino che spinse gli antichi a impiantarvi grandi e festose Villae Marinae ; nel 1839 la costruzione della ferrovia che da Napoli portava alla Reggia di Portici, la prima d’Italia, tagliò come una ferita la continuità del paesaggio che dalle pendici del Vesuvio si estendeva con terrazze degradanti fino al mare. Tuttavia a questa decisa offesa non mutò l’alternarsi di verde e di costruzioni affacciate sul golfo e sul Vesuvio.
La vita fu molto intensa anche sui vari versanti del Vulcano, infatti attorno alla Montagna di fuoco, con vista a destra sul mare, si estesero le costruzioni di “Ville di delizia” con parchi e giardini e “Ville rustiche” come Villa Petti Ruggiero di Ercolano.
Il padrone di questo edificio, Barone Enrico Petti, non era un raffinato aristocratico, ma piuttosto un signorotto di campagna che riprendeva l’antico mestiere del conduttore di fondi e soggiornava in quella dimora per molti mesi all’anno. La Villa fu edificata per sua volontà, ad opera di un architetto ancora sconosciuto, nella seconda metà del ‘700 e dal 1863, sulla soglia dell’unità d’Italia, fu acquistata dalla famiglia Ruggiero che ne mantenne la proprietà fino al 1985 quando fu acquisita dall’Ente per le Ville Vesuviane e restaurata.
L’attuale configurazione planimetrica della villa non corrisponde precisamente a quella originaria, così come si evince da una mappa del Duca di Noja, risultando uno sviluppo asimmetrico dei corpi di fabbrica rispetto all’asse longitudinale.
L’edificio presenta lungo la strada, una facciata di modeste dimensioni le cui proporzioni originarie risultano oggi alterate per l’aggiunta di un piano sopraelevato. Nella composizione della facciata, domina un bel portale, girato a tutto sesto, in piperno e marmo bianco con ai lati lesene bugnate e capitelli ionici e sormontato da un balcone mistilineo. La decorazione della facciata, in elegante gusto Rococò, è costituita da timpani in stucco che incorniciano le aperture del piano rialzato e del piano nobile. La facciata posteriore, rivolta verso il Vesuvio, è più articolata come per quasi tutte le ville del Miglio d’Oro, e presenta un’ampia serliana che sostiene la terrazza del piano nobile creando una galleria trasversale interposta tra il vestibolo esagonale e il cortile. Le ringhiere panciute sono intervallate da quattro piedritti a bugne lisce su cui erano collocati quattro busti in terracotta, purtroppo, asportati recentemente da ignoti. Le tre finestre che si aprono sulla terrazza sono incorniciate da cartigli e volute in stucco e quella centrale, più alta, è sormontata da una nicchia con il busto in terracotta di San Gennaro rivolto verso il Vesuvio nel consueto gesto di fermare la lava del vulcano.
I quattro busti trafugati rappresentavano le quattro stagioni dell’anno e le quattro stagioni della vita e presumibilmente raffiguravano in veste mitica i proprietari della villa. Sul retro concavo di ciascun busto, visibili dal cortile e dal giardino, erano scolpite a bassorilievo figure apotropaiche della tradizione popolare come demoni e pipistrelli. In tal modo, intorno alla terrazza, coesisteva il sacro, rappresentato dal busto di San Gennaro, posto a protezione della villa dalle eruzioni del Vesuvio ed elementi della superstizione popolare per allontanare gli influssi negativi dalla villa e dai suoi abitanti.
La villa oggi, ospita uffici del Comune di Ercolano tra cui la Biblioteca comunale “G.Buonajuto”.