Aspettando Francesco raccontandogli Napoli. Ad una settimana esatta dalla tanto attesa visita del Papa a Napoli, sabato 14 Marzo alle 11.30 al Museo Diocesano, per iniziativa dell’arcidiocesi di Napoli, si svolgerà in anteprima nazionale, la presentazione del libro del direttore di Rai Vaticano, Massimo Milone, “Napoli, lettera a Francesco”.
Sedici lettere di napoletani illustri per raccontare i mille volti e le mille sfaccettature di Napoli, le sue eccellenze e nel contempo i suoi grandi malanni, raccontando Napoli a Papa Francesco. È questo l’obiettivo con cui Massimo Milone ha scritto, dopo il successo editoriale di “Pronto? Sono Francesco. Il Papa e la rivoluzione comunicativa un anno dopo”, il suo secondo volume dedicato al Papa che sta cambiando la comunicazione della Chiesa nel mondo. Progetti, timori, speranze e uno sguardo al futuro, raccolti in un volume che racconta mondi e anime diverse della città: dalla cultura allo sport, dall’università alla ricerca, dalle imprese alla magistratura, con le firme degli scrittori Erri De Luca e Antonio Colasanto, del regista Luca De Filippo, del produttore Aurelio De Laurentiis, del filosofo Aldo Masullo, dello storico Giuseppe Galasso, degli accademici Lucio d’Alessandro e Fulvio Tessitore, degli scienziati Andrea Ballabio e Marco Salvatore, degli imprenditori Maurizio Maddaloni e Maurizio Marinella e con la firma di Mirella Barracco, presidente della Fondazione Napoli Novantanove e di due presidenti emeriti della Corte Costituzionale, come Francesco Paolo Casavola e Giuseppe Tesauro.
Alla presentazione, coordinata dal Caporedattore del Tgr Campania, Antonello Perillo, interverranno, insieme con Milone e con gli autori delle lettere, lo storico Andrea Riccardi, già Ministro per la Cooperazione internazionale e l’integrazione e fondatore della Comunità di Sant’Egidio e il Cardinale Crescenzio Sepe, Arcivescovo di Napoli.
Presentazione del volume
“Una lettera – scrive Milone nel libro – che seppur scritta con il cuore non può esaurire problemi, timori, speranze. Ma una cosa devo dirle, Santità. E glielo dirà Napoli. Qui guardiamo avanti ancora con fiducia e speranza, ci sentiamo ancora fortemente impegnati a disegnare nella concretezza il nostro futuro, a costruire e realizzare lo sviluppo, a lavorare per una pacifica convivenza sociale, attraverso l’esaltazione della centralità e della dignità dell’uomo. Contro ogni forma di degrado, sopraffazione, violenza. Qui vogliamo recuperare quei parametri fondamentali dell’etica che sono il presupposto della rinascita civile e sociale”.
Erri De Luca racconta la rivoluzione di Papa Francesco: dal pauperismo alle aperture su divorziati e omosessuali
“A Napoli si dice “Scendi da cavallo” a chi si da’ arie di parlare dall’alto in basso. Francesco, Papa estratto dall’emisfero Sud, ha fatto scendere la chiesa da cavallo.
Ha sgomberato l’intera nomenclatura vaticana a partire dalla Segreteria di Stato. Ha messo mano a due guasti incalliti togliendo ogni velo su pedofilia e finanza
losca. Ha lasciato vuoto l’appartamento dei pontefici, continuando a vivere in convento. Ha spalancato i sacramenti agli esclusi, divorziati e omosessuali. Nessun Papa prima di lui si è altrettanto spogliato di fasto per stare al pianoterra delle società. È uno del Sud e ha un nome italiano. Viene da una famiglia e un secolo di immense emigrazioni. Perciò ha scelto a inizio di mandato, nel giugno 2013, di compiere il suo primo viaggio a Lampedusa, senza accompagnamento di autorità italiane che si volevano aggiungere per sfruttarne l’ombra. Ma la sua ombra di pellegrino a braccia aperte spettava ai naufragati, sopravvissuti o no”.
Luca De Filippo e la Napoli dimenticata: dagli scempi a Bagnoli ai minori del Carcere di Nisida
“Santità, a nord ovest di Napoli c’è una piccola isola che si chiama Nisida. Dal Capo di Posillipo ci si arriva, via terra, percorrendo una strada dal sapore antico, scavata nel tufo della parete di quella collina. Si discendono tornanti fino ad arrivare in una località denominata Coroglio. A destra, quasi alla fine della strada, si costeggia l’enorme scheletro di cemento armato del dismesso polo siderurgico dell’Italsider. Memoria di scelte non condivisibili che favorirono, all’inizio del Novecento, il progresso industriale in stridente contrasto con la commovente bellezza di una lunga lingua di spiaggia bagnata da un mare protetto e calmo anche d’inverno; in disarmonia completa con un entroterra dalla vegetazione rigogliosa e sempre gravida. Oggi si cerca di rimediare al danno bonificando e riqualificando l’intera zona. L’impresa non sarà semplice. Una delle prime opere compiute, la “Città della Scienza”, è stata distrutta nel 2013 da un incendio che si pensa di origine dolosa. Superato quel che resta dell’impianto dell’Italsider, che indica in modo imperituro il rapporto tra Uomo e Natura, uno stretto e breve istmo artificiale collega Nisida alla terra ferma. Oltrepassandolo si mette finalmente piede sull’isola.
La sua origine vulcanica e sulfurea ci si rivela immediatamente, ma l’asprezza iniziale si mitiga nella salita fino a incontrare un panorama di ineguagliabile bellezza. Alla fine ci si trova dinanzi a due grandi cancelli fatti di robusto metallo, che non permettono di proseguire. Sono i cancelli del Carcere Minorile di Napoli. Altro cemento, una nota stonata e dissonante rispetto alla bellezza dei luoghi, che trova una sua profonda e colpevole ragione di essere nella consapevolezza di una coscienza sporca che cerca di emendare se stessa. Dietro quei cancelli occhi grandi, immensi, che racchiudono in un unico sguardo la disperazione di un destino prestabilito e ineluttabile. Occhi duri, asciutti che rivelano l’insopportabile ricordo di ciò che hanno visto. Occhi che non si aspettano né una mano tesa né un sorriso amorevole. Occhi che sanno, con certezza, di essere soli, ma potrebbero sciogliersi in un abbraccio. Sono i nostri figli, che non abbiamo saputo difendere da noi stessi.
Un estratto dell’intervista al Cardinale Sepe: Napoli ha bisogno di impegni concreti per le emergenze povertà e disoccupazione
“Nessuna città è al centro di così tanti discorsi, dibattiti e luoghi comuni come è Napoli. Ma senza il piglio giusto e una visione chiara e oggettiva, essa rischia di mandare in scena ai propri danni la vuota rappresentazione di una fiera delle parole fine a se stessa, in cui promesse e pronunciamenti, dichiarazioni e prese di posizioni, vengono triturate come polvere. C’è crisi di valori, c’è crisi di certezze. Davanti a noi tante sfide non impossibili, ma sappiamo che Napoli ha bisogno di impegni concreti che possano rispondere alle esigenze e alle urgenze soprattutto dei più poveri, dei più deboli, dei giovani”.
Ed in relazione alla visita di Papa Francesco, a Napoli, ancora il Cardinale Sepe nell’intervista: “occorre partire da un grazie per rintracciare uno ad uno i motivi di un pellegrinaggio che riporta Napoli a percorrere il versante giusto della sua storia lungo il quale scorre il flusso delle sue molteplici risorse. Basterebbe già questo cambio di prospettive che impone di guardare alla città dalla sua parte migliore per dare un senso particolare alla visita di Papa Francesco. E quindi viene spontaneo, accanto al grazie, mettere subito in campo la parola chiave di questo grande evento: speranza. È il segno distintivo che unisce mirabilmente il Papa argentino alla complessa realtà di una città in cerca di se stessa. Talvolta smarrita e incapace di utilizzare al meglio le sue non trascurabili energie”.