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Hikikomori: il disagio che dilaga tra i giovani giapponesi

Redazione Napolitan di Redazione Napolitan
11 Marzo, 2015
in News
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Hikikomori: il disagio che dilaga tra i giovani giapponesi
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immagineL’Hikikomori è un fenomeno giapponese e significa in lingua italiana: “autoreclusione”. Analizzando etimologicamente il termine è possibile evidenziare che esso risulta composto da due verbi kiku e komoru. Mentre con il primo termine ci si riferisce al concetto del ritirarsi, del rifugiarsi in un luogo riconosciuto come sicuro, nel secondo è espressa l’idea del chiudersi e di conseguenza il concetto di qualcosa che risulta difficile da vedere, di un particolare stato d’animo difficile da comprendere.

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Il termine Hikikomori fu coniato dallo psichiatra giapponese Saito Tamaki che negli anni ’80, allorquando individuò un numero sempre maggiore di casi di ragazzi che per una forma di fobia scolare o apatia verso la scuola tagliavano tutte le comunicazioni con il mondo sociale e si ritiravano nella propria stanza rimanendovi per lunghi periodi senza quasi mai uscire. Come criterio diagnostico per definire lo stato di hikikomori fu indicato un periodo minimo di reclusione volontaria nella propria stanza per almeno sei mesi; anche se dopo poco si resero conto che il periodo di ritiro durava anche per anni.

L’antropologa italiana Carla Ricci promulga che il problema dell’assenza scolastica, definita la causa principale di hikikomori è soltanto un tassello in un contesto di sofferenza molto più complesso di cui l’intero apparato sociale giapponese ne detiene la massima responsabilità ed il giovane giapponese è confuso, sofferente e non sa come procedere.

I dati riportano che a fare hikikomori in Giappone siano circa un milione di adolescenti che il 90% sia di sesso maschile le ragazze siano solo il 10%, con contesti familiari normali e non in situazioni familiari con genitori divorziati o separati. Nella struttura familiare tradizionale giapponese il figlio maschio maggiore è il successore del padre, quindi colui che ha tutte le maggiori responsabilità dei familiari in caso di situazioni difficili, ma anche colui su cui vertono elevate aspettative, circa un’importante carriera lavorativa.

Chi pratica hikikomori ha un ritiro sociale, ma sperimenta comunicazioni alternative come, ad esempio, la comunicazione online, permeata da “amicizie virtuali“ via chat, e-mail, post in forum, blog ecc… .

Il rapporto tra Hikikomori e tecnologia in sé risente della scelta autoreclusiva del soggetto e ne rappresenta un pattern contemporaneo attraverso cui la persona riesce ad evadere continuando a soddisfare il bisogno di comunicazione con l’esterno.

Non è sempre chiaro definire le ragioni di questa assenza prolungata. In alcuni casi, tutto inizia da una bocciatura o dall’abbassamento del rendimento scolastico. Il sistema scolastico giapponese è famoso per la sua severità. Gli esami di accesso alle scuole superiori o all’università sono molto difficili e richiedono molti mesi di preparazione, con un impegno giornaliero di dieci o più ore. La tensione che si crea nel ragazzo è molto intensa e i casi di suicidio non sono rari se l’esito dell’esame è negativo.

Un altro fenomeno che riconduce all’assenza scolastica è lo ijime, ovvero il bullismo scolastico, strettamente collegato al rendimento scolastico: per i ragazzi che hanno carenze scolastiche o sono più indietro rispetto al resto della classe è molto più facile che subiscano ijime.

Il fenomeno in Giappone ha preso dimensioni considerevoli e sta destando innumerevoli preoccupazioni. Molti bambini si suicidano perché non sopportano l’esclusione dal gruppo, invece in hikikomori non si sceglie di morire, ma si rifiuta tutto ciò che provoca la sofferenza.

Hikikomori non è una malattia, ma lo diventa quando la reclusione si prolunga in modo eccessivo.

Durante lo stato di hikikomori, i ragazzi perdono la nozione del tempo, poiché non è scandito da nessun avvenimento e varie possono essere le conseguenze: c’è chi si fissa di avere un brutto volto e vuole sottoporsi alla chirurgia plastica obbligando i genitori ad occuparsi di tutto, ma il più delle volte non sono soddisfatti del risultato e la reclusione continua; altri diventano ossessivi riguardo all’igiene personale, si lavano talmente tante volte le mani fino ad arrivare ad uno stato di abrasione tale da sembrare senza pelle. Comune a quasi tutti (81%) è l’inversione del ritmo sonno-veglia con conseguenze biologiche per la non esposizione alla luce solare, e conseguenze psicologiche nel sentirsi inferiore perché, mentre di giorno tutti sono a scuola o al lavoro, lui dorme ed è inattivo.

Un problema nel trattamento di ragazzi in hikikomori è la presa di coscienza da parte della famiglia. Nel momento in cui la famiglia si accorge dei problemi del figlio, dovrebbe chiedere subito l’intervento di un medico, in questo modo le cose prenderebbero una strada differente e l’auto-reclusione del figlio nella propria stanza si risolverebbe in tempi più brevi. Ma i motivi per cui questo non accade sono molteplici.

Il giovane che sta male trova rifugio nella propria casa, nella propria famiglia, come in un guscio protettivo. Quando il giovane inizia il ritiro, la madre lo asseconda, lo lascia in pace, non invade i suoi spazi; il padre è assente, la cosa importante per quest’ultimo è il lavoro per poter mantenere la famiglia.

Il ragazzo hikikomori con la madre instaura un rapporto quasi morboso di dipendenza e malsano anche a casi di regressione infantile. È quando picchia i fratelli e la madre che la famiglia esasperata prende la decisione di chiamare il medico.

La maggior parte dei genitori che hanno un figlio in hikikomori cercano di nasconderlo.

Questo significa affrontare il problema e cercare di risolverlo da soli. Questo porta ad una chiusura in se stessi, è frustrante e crea uno stato emotivo di grande tensione, peggiorando anche la situazione in cui si trova il ragazzo e sicuramente posticipando il possibile recupero.

Passano anche anni prima che la famiglia si rivolga al medico, a tal punto che il ragazzo non sa più quali siano le ragioni del suo ritiro.

La riabilitazione può essere di tre tipi: clinica, pedagogica e paraclinica .

Clinica con l’aiuto di un medico psichiatra e/o psicoterapeuta con dei colloqui.

Pedagogica con l’aiuto di un educatore sociale e/o pedagogista tramite un progetto educativo.

Paraclinica si occupano dei soggetti hikikomori le associazioni nate per questo fenomeno, la più famosa è la New Start che ha varie sedi internazionali, ma la sede principale è sita a Tokyo.

Corradina Triberio

Tags: adolescentiautoreclusionebullismogiapponegiovaniHikikomoriisolamentosolitudine
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