Quelli di France Football hanno avuto una straordinaria intuizione: “Ma non esiste un premio per il calciatore dell’anno? Perché non crearlo?“. E’ il 1956. Sono 16 i giornalisti che decidono, arrivano praticamente da tutta Europa. Devono mettere in ordine 5 giocatori che si sono particolarmente distinti nel 1956 calcistico. Al primo vanno 5 punti, al secondo 4 punti, al terzo 3 punti, al secondo 2 punti e all’ultimo ne va soltanto uno. Verrà fuori una graduatoria con 24 nomi e ci sono tre italiani. In realtà un italo-brasiliano, un italo-argentino e un italo-uruguagio. C’è Julinho della Fiorentina alla dodicesima posizione e alla tredicesima compaiono Montuori e Schiaffino. Il primo è sempre della squadra toscana, il secondo è una stella del Milan. Al quinto posto c’è un portiere, Lev Jašin. Ne sentiremo parlare. Puskas, ancora dell’Honved all’epoca, resta ai piedi del podio. Il neo-madridista Kopa guarda le spalle al grandissimo Di Stefano che, davanti a se, ne ha soltanto uno. Un inglese, gioca nel Blackpool che, fino a quel momento, poteva annoverare solo una FA Cup e qualche trofeo minore. In realtà è tutto ciò che c’è nella sua bacheca ancora oggi, ma questa è un’altra storia. Quel titolo “I mandarini” lo ottennero qualche anno prima, nel 1953, trascinati da un certo Stanley Matthews. E sarà proprio lui a vincere la prima edizione del Pallone d’Oro.
Stanley nasce il 1° febbraio del 1915 ad Hanley, una comunità di Stoke. Tom Mather, l’allenatore dei Potters, riuscirà a convincere suo padre a farlo giocare nei Potters quando di anni ne avrà soltanto 17. Giocherà con quella maglia fino a 32 anni. Carriera finita? Macché. Quando Joe Smith lo porterà al Blackpool gli chiederà: “Hai 32 anni, pensi di riuscire a giocare un altro paio di stagioni?”. Matthwes gli risponderà sul campo, a Wembley, qualche stagione dopo. E’ il 2 maggio del 1953, c’è la finale di FA Cup. Matthews ha 38 anni e due finali di coppa sono già passate senza gloria. Sembra proprio l’ultima occasione per lui per mettere un trofeo nel suo Palmares. Ma poco dopo un minuto quelli del Bolton vanno in vantaggio. Forse Stanley non ce la fa, nemmeno questa volta. Ma Mortensen, che è compagno di Matthews, oltre ad essere un grande giocatore, cerca di dare una mano al Blackpool e trova il gol del pareggio per i mandarini. Adesso è una gara tutta da riscrivere, se non fosse per un cross di Langton che il portiere Farm non riesce a leggere. Vantaggio regalato al Bolton. Nella ripresa le cose non si mettono meglio, con Bell che trova addirittura il 3-1. Ed è qui che entra veramente in campo Matthews. Poco dopo il sessantesimo mette un invitante pallone al centro e Mortensen, dopo un’uscita poco ragionata di Hanson, va in gol. 3-2 e 20 minuti di fuoco da giocare. E tutti i palloni passano da Matthews, con il pareggio che arriva grazie ad uno straordinario calcio di punizione di Mortensen a 10′ dalla fine. Aria di supplementari nell’aria. Ma non la pensa così Stanley che serve per ben due volte Perry. La prima volta sbaglia clamorosamente, la seconda volta, invece, il compagno di squadra non può proprio fallire quella ghiotta opportunità. E’ 4-3 Blackpool, apoteosi a Wembley. Matthews non segna, ma fa segnare. Architetto del centrocampo arancione, regista di una finale pazzesca.
A 41 anni, poi, vincerà il Pallone d’Oro, come già detto in apertura, per poi tornare nel 1961 a casa, a Stoke. Giocherà la sua ultima partita con la maglia dei Potters a 50 anni, un record tutt’ora imbattuto in Premier League.
Nella prima esperienza allo Stoke collezionerà 259 presenze e 51 gol, nella seconda scenderà in campo per 59 volte e troverà la via del gol tre volte. Al Blackpool, invece, sono 379 le presenze e 17 i go messi a segno. Giocherà anche con la nazionale inglese, con cui esordirà a soli 19 anni. Proverà anche la carriera di allenatore per una sola stagione al Port Vale nel 1967-1968.